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  • Tutela dei consumatori - Clausole vessatorie e abusive -Banche, assicurazioni e finanziarie

Corte di Giustizia 12/12/2024 (causa C‑300/23) [Tutela dei consumatori – Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Contratto di mutuo ipotecario – Clausola che prevede un tasso di interesse variabile]

Tutela dei consumatori – Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Contratto di mutuo ipotecario – Clausola che prevede un tasso di interesse variabile – Indice di riferimento fondato sui tassi annui effettivi globali (TAEG) dei mutui ipotecari concessi dalle casse di risparmio – Indice ufficiale stabilito da un atto amministrativo pubblicato – Indicazioni che figurano nel preambolo di tale atto – Controllo relativo al requisito di trasparenza – Valutazione del carattere abusivo – Principio di effettività.

Nella causa C‑300/23,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Juzgado de Primera Instancia nº 8 de Donostia – San Sebastián (Tribunale di primo grado n. 8 di Donostia – San Sebastián, Spagna), con decisione del 27 aprile 2023, pervenuta in cancelleria il 10 maggio 2023, nel procedimento

NB

contro

Kutxabank SA,

con l’intervento di:

Ministerio Fiscal,

LA CORTE (Nona Sezione),

composta da S. Rodin, presidente dell’Ottava Sezione, facente funzione di presidente della Nona Sezione, J. Passer e O. Spineanu-Matei (relatrice), giudici,

avvocato generale: L. Medina

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–  per NB, da J.M. Erausquin Vázquez e M. Ortiz Pérez, abogados,

–  per Kutxabank SA, da I. Ortega Ochoa, abogado, e S. Tamés Alonso, procurador,

–  per il governo spagnolo, da A. Gavela Llopis e A. Pérez-Zurita Gutiérrez, in qualità di agenti,

–  per la Commissione europea, da J. Baquero Cruz, P. Kienapfel e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1  La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione, in primo luogo, dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’articolo 5, dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29), in secondo luogo, dell’articolo 7 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU 2005, L 149, pag. 22), nonché, in terzo luogo, del principio di effettività.

2  Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia fra NB e la Kutxabank SA in relazione alla validità della clausola di revisione periodica del tasso d’interesse di un contratto di mutuo ipotecario.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Direttiva 93/13

3  Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13:

«Una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

4  L’articolo 4 di tale direttiva prevede quanto segue:

«1. Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende.

2. La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell’oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile».

5  L’articolo 5 di detta direttiva è così formulato:

«Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono essere sempre redatte in modo chiaro e comprensibile. In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore. Questa regola di interpretazione non è applicabile nell’ambito delle procedure previste all’articolo 7, paragrafo 2».

6  L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 prevede che:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

7  L’articolo 7, paragrafo 1, di detta direttiva è del seguente tenore:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

8  Ai sensi dell’articolo 8 della direttiva in parola:

«Gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore».

 Direttiva 2005/29

9  Conformemente all’articolo 19 della direttiva 2005/29, gli Stati membri dovevano aver adottato e pubblicato entro il 12 giugno 2007 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a quest’ultima, e informarne immediatamente la Commissione europea. Tali disposizioni dovevano essere applicabili entro il 12 dicembre 2007.

 Diritto spagnolo

 Legge 7/1998

10 La direttiva 93/13 è stata trasposta nell’ordinamento spagnolo con la Ley 7/1998, sobre condiciones generales de la contratación (legge 7/1998, sulle condizioni generali di contratto), del 13 aprile 1998 (BOE n. 89, del 14 aprile 1998, pag. 12304).

11 L’articolo 5, paragrafo 5, di tale legge, come modificato dalla Ley 5/2019, de regulación de los contratos de crédito inmobiliario (legge 5/2019, recante disciplina dei contratti di credito immobiliare), del 15 marzo 2019 (BOE n. 65, del 16 marzo 2019), prevede che le condizioni inserite in modo non trasparente nei contratti a danno dei consumatori sono nulle di pieno diritto.

 Legge generale sulla tutela dei consumatori e degli utenti

12 Il Real Decreto Legislativo 1/2007, por el que se aprueba el texto refundido de la Ley General para la Defensa de los Consumidores y Usuarios y otras leyes complementarias (Regio decreto legislativo 1/2007, recante approvazione del testo rifuso della legge generale sulla tutela dei consumatori e degli utenti e di altre leggi complementari), del 16 novembre 2007 (BOE n. 287, del 30 novembre 2007, pag. 49181), ha promulgato la rifusione di questa legge, che è stata modificata con la legge 5/2019 (in prosieguo: la «legge generale sulla tutela dei consumatori e degli utenti»).

13 L’articolo 8 della legge generale sulla tutela dei consumatori e degli utenti così dispone:

«Sono diritti fondamentali dei consumatori e degli utenti:

(...)

b) La tutela dei loro legittimi interessi economici e sociali, in particolare di fronte alle pratiche commerciali sleali e all’inserimento di clausole abusive nei contratti.

(...)

d) La corretta informazione sui diversi beni o servizi nonché l’educazione e la divulgazione finalizzate ad agevolarne la conoscenza sull’adeguato uso, consumo o godimento.

(...)».

14 L’articolo 60 di tale legge generale, intitolato «Informazioni precontrattuali», al paragrafo 1, prevede quanto segue:

«Prima che il consumatore o l’utente sia vincolato da un contratto o da un’offerta dello stesso tipo, il professionista gli fornisce, in modo chiaro e comprensibile, le informazioni pertinenti, corrette e sufficienti sulle principali caratteristiche del contratto, in particolare sulle sue condizioni giuridiche ed economiche».

15 Ai sensi dell’articolo 80, paragrafo 1, di suddetta legge generale, intitolato «Requisiti applicabili alle clausole non negoziate individualmente»:

«Nei contratti conclusi con consumatori e utenti che contengono clausole non negoziate individualmente, ivi compresi i contratti conclusi dalla pubblica amministrazione e dagli enti e dalle imprese da essa dipendenti, tali clausole devono soddisfare i seguenti requisiti:

a) specificità, chiarezza e semplicità della formulazione, con possibilità di comprensione diretta, senza rinvii a testi o documenti non forniti precedentemente o contemporaneamente alla conclusione del contratto, e ai quali, in ogni caso, deve essere fatto esplicito riferimento nel documento contrattuale;

(...)

c) buona fede e giusto equilibrio fra i diritti e gli obblighi delle parti, il che esclude in ogni caso l’utilizzo di clausole abusive».

16 L’articolo 82, paragrafo 1, della legge generale sulla tutela dei consumatori e degli utenti, intitolato «Nozione di clausola abusiva», così dispone:

«Si considerano clausole abusive tutte le clausole non negoziate individualmente e tutte le pratiche non autorizzate espressamente che, in contrasto con il requisito della buona fede, determinino a danno del consumatore e dell’utente uno squilibrio significativo fra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

17 L’articolo 83 di tale legge generale, intitolato «Nullità delle clausole abusive e sussistenza del contratto», prevede quanto segue:

«Le clausole abusive sono nulle di pieno diritto e si considerano non apposte. A tal fine, il giudice, dopo aver sentito le parti, dichiara la nullità delle clausole abusive inserite nel contratto, il quale, tuttavia, resterà vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza tali clausole.

Le condizioni inserite in modo non trasparente nei contratti a danno dei consumatori sono nulle di pieno diritto».

 Codice civile

18 L’articolo 1303 del Código Civil (codice civile) dispone quanto segue:

«Dichiarata la nullità di un’obbligazione, i contraenti devono reciprocamente restituirsi ciò che ha costituito l’oggetto del contratto, con i relativi frutti, nonché il prezzo, inclusi gli interessi, fatto salvo quanto diversamente stabilito dagli articoli seguenti».

19 Ai sensi dell’articolo 1306, punto 2, di tale codice:

«Se l’atto costitutivo della causa immorale non costituisce delitto né contravvenzione, si applicano le seguenti regole:

(...)

2) Quando è coinvolto un solo contraente, questi non può reclamare quanto avesse dato in virtù del contratto, né chiedere l’esecuzione di quanto gli fosse stato offerto. L’altra parte, che non è coinvolta nella causa immorale, può reclamare quanto avesse dato, senza alcun obbligo di eseguire quanto avesse offerto».

 Circolari 8/1990 e 5/1994

20 Il Banco de España (Banca di Spagna) ha adottato la circular 8/1990, a entidades de crédito, sobre transparencia de las operaciones y protección de la clientela (circolare 8/1990 diretta ad istituti di credito, relativa alla trasparenza delle operazioni e alla tutela della clientela), del 7 settembre 1990 (BOE n. 226, del 20 settembre 1990, pag. 27498).

21 La circolare 8/1990 è stata modificata, tra l’altro, dalla circolare 5/1994, a entidades de crédito (circolare 5/1994, diretta ad istituti di credito), del 22 luglio 1994 (BOE n. 184, del 3 agosto 1994, pag. 25109), che, in particolare, ha aggiunto un allegato VIII alla circolare 8/1990. Lo Juzgado de Primera Instancia n.º8 de Donostia – San Sebastián (Tribunale di primo grado n. 8 di Donostia — San Sebastián, Spagna), giudice del rinvio, precisa al riguardo che la circolare 8/1990, come modificata dalla circolare 5/1994 (in prosieguo: la «circolare 8/1990 come modificata»), non è stata oggetto di una versione rifusa pubblicata nel Boletín Oficial del Estado.

22 La circolare 8/1990 come modificata ha stabilito alcuni indici di riferimento ufficiali per i mutui ipotecari. Fra i medesimi figuravano diversi tassi medi di mutui ipotecari di durata superiore a tre anni, destinati all’acquisto di un’abitazione al prezzo di mercato (in prosieguo: gli «IRPH»), tra cui quello relativo ai mutui concessi dalle casse di risparmio (in prosieguo: l’«IRPH delle casse di risparmio»).

23 L’IRPH delle casse di risparmio è così definito nell’allegato VIII della circolare 8/1990 come modificata:

«(...) la media semplice dei tassi di interesse medi ponderati in base al capitale delle operazioni di prestito con garanzia ipotecaria di durata uguale o superiore a tre anni per l’acquisto di un’abitazione a prezzo di mercato, che siano state avviate o rinnovate nel mese cui si riferisce l’indice da parte della totalità delle casse di risparmio. Detti tassi d’interesse medi ponderati sono i tassi annuali equivalenti dichiarati alla Banca di Spagna per tali scadenze dalla totalità delle casse di risparmio (...)».

24 Dalla decisione di rinvio risulta che tale definizione è completata dall’indicazione secondo cui i «tassi d’interesse medi ponderati» sono i tassi annui effettivi globali (TAEG) dichiarati alla Banca di Spagna dalla totalità delle casse di risparmio per le operazioni interessate.

25 Dalla decisione in parola risulta altresì che la circolare 5/1994 conteneva un avvertimento all’attenzione degli istituti di credito, ai quali era diretta, secondo cui il fatto di utilizzare gli IRPH direttamente e semplicemente avrebbe avuto la conseguenza di collocare il TAEG dell’operazione ipotecaria al di sopra del tasso praticato sul mercato, situazione che sarebbe evitata applicando un differenziale negativo appropriato, il valore del quale varierebbe in funzione delle commissioni di tale operazione e della frequenza dei versamenti.

 Legge 14/2013

26 La Ley 14/2013, de apoyo a los emprendedores y su internacionalización (legge 14/2013, di sostegno agli imprenditori e alla loro internazionalizzazione), del 27 settembre 2013 (BOE n. 233, del 28 settembre 2013, pag. 78787), contiene una quindicesima disposizione aggiuntiva che prevede la scomparsa, a partire dal 1º novembre 2013, in particolare, dell’IRPH delle casse di risparmio.

27 I paragrafi da 2 a 4 di tale disposizione aggiuntiva sono formulati come segue:

«2. I riferimenti ai tassi previsti al paragrafo precedente vengono sostituiti, a decorrere dalla prossima revisione dei tassi applicabili, dal tasso o dall’indice di riferimento sostitutivo previsto nel contratto.

3. In mancanza del tasso o dell’indice di riferimento previsto nel contratto o nel caso in cui questo sia uno degli indici o dei tassi di cui è prevista la soppressione, il tasso o indice in questione è sostituito dal tasso d’interesse ufficiale denominato [IRPH degli istituti di credito], applicando un differenziale equivalente alla media aritmetica delle differenze fra il tasso di cui è prevista la soppressione e il tasso succitato, calcolato sulla base dei dati disponibili tra la data di conclusione del contratto e la data effettiva della sostituzione del tasso.

(...)

4. Le parti non hanno a disposizione alcun mezzo di ricorso per reclamare la modifica, la modifica unilaterale o la risoluzione del mutuo o del credito in cambio dell’applicazione della presente disposizione».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

28 L’11 settembre 2006, NB ha concluso un contratto di mutuo ipotecario con la Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Gipuzkoa y San Sebastián, divenuta Kutxabank (in prosieguo: il «contratto di mutuo di cui al procedimento principale»), della durata di 35 anni.

29 Conformemente all’articolo 3 bis di tale contratto (in prosieguo: la «clausola controversa»), il tasso d’interesse è variabile e un nuovo tasso di interesse deve essere fissato periodicamente in relazione all’IRPH delle casse di risparmio.

30 Nella clausola controversa viene precisato che tale indice corrisponde alla media semplice dei tassi d’interesse medi, ponderati in base al capitale, delle operazioni di mutuo con garanzia ipotecaria realizzate dalle casse di risparmio, di durata superiore o pari a tre anni, dirette all’acquisto di un’abitazione a prezzo di mercato, senza alcuna trasformazione, e che il valore di riferimento è quello dell’ultimo indice pubblicato dalla Banca di Spagna nel corso del mese precedente a ciascuna scadenza prevista per la revisione del tasso o, in subordine, dell’ultimo indice pubblicato dalla Banca di Spagna prima del mese precedente summenzionato.

31 Dalla decisione di rinvio risulta che la clausola controversa non menziona la parte finale della definizione dell’IRPH delle casse di risparmio contenuta nell’allegato VIII della circolare 8/1990 come modificata, la quale precisa che tali «tassi d’interesse medi ponderati» sono i TAEG dichiarati alla Banca di Spagna dal complesso delle casse di risparmio per le operazioni interessate.

32 Il 4 marzo 2022, NB ha presentato un ricorso dinanzi al giudice del rinvio, diretto, in particolare, a far dichiarare la nullità della clausola controversa.

33 Il giudice del rinvio precisa che gli IRPH sono stabiliti sulla base di una media dei TAEG applicati a operazioni simili. Di conseguenza, un adeguamento del tasso di interesse di un determinato contratto sulla base di un IRPH comporterebbe una maggiorazione di tale tasso di interesse includendo ciò che i mutuatari interessati dall’insieme dei contratti che sono serviti da base per stabilire tale IRPH hanno pagato a titolo, oltre che del tasso di interesse nominale, di tutte le spese ed eventuali commissioni, laddove sarebbero aggiunti a titolo del contratto il cui tasso di interesse è così indicizzato, oltre a un differenziale, costi simili e laddove una commissione sarebbe già stata pagata. Il giudice in parola aggiunge che taluni elementi presi in considerazione nei TAEG che sono serviti da base per stabilire l’IRPH derivavano da clausole contrattuali il cui carattere abusivo è stato successivamente riconosciuto o è sub iudice.

34 Esaminando in primo luogo la clausola controversa alla luce del requisito di trasparenza, il giudice del rinvio si interroga sul rispetto di detto requisito, poiché tale clausola non consentirebbe al consumatore di conoscere esattamente le conseguenze economiche che essa comporta nell’ambito di un contratto della durata di 35 anni.

35 Anzitutto, il giudice in parola dubita che un consumatore medio possa autonomamente comprendere le differenze fra le nozioni di «tasso d’interesse», di «indice di riferimento» o di «TAEG» e, di conseguenza, il funzionamento del metodo di calcolo di indici di riferimento stabiliti sulla base di TAEG.

36 Peraltro, il giudice del rinvio rileva che la clausola controversa contiene una definizione dell’IRPH delle casse di risparmio che non comprende la parte di tale definizione relativa al fatto che l’indice di cui si tratta è fondato su TAEG. Detto giudice ne deduce che il consumatore medio, il quale non è a conoscenza delle circolari della Banca di Spagna dirette agli istituti di credito e che non è stato informato dalla controparte contrattuale del fatto che l’IRPH delle casse di risparmio corrisponde a un TAEG né delle precisazioni contenute nella circolare 5/1994 relativa al livello degli IRPH in relazione al tasso di mercato, non ha alcun motivo di chiedere informazioni al riguardo durante la fase precontrattuale, ritenendo che la proposta di contratto presentatagli sia interessante poiché prevede un differenziale inferiore a quelli abitualmente previsti nei contratti il cui tasso di interesse è fissato in relazione all’indice di riferimento Euribor (tasso interbancario offerto in euro).

37 Tali considerazioni sono presentate a sostegno delle questioni dalla prima alla terza e della quinta questione.

38 Successivamente, il giudice del rinvio menziona la giurisprudenza del Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna), da cui risulterebbe che il requisito di trasparenza concernente la composizione e il calcolo degli IRPH è necessariamente soddisfatto a causa della pubblicazione nel Boletín Oficial del Estado della circolare 8/1990 e del metodo di calcolo degli indici in parola, cosicché un istituto di credito che include un siffatto indice in tali condizioni contrattuali non avrebbe l’obbligo di inserire nel contratto di mutuo la definizione completa dell’indice in discussione. Tale giurisprudenza sarebbe fondata esclusivamente sui punti 53 e 56 della sentenza del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch (C‑125/18, EU:C:2020:138), ad esclusione dei punti 51, 52, 54 e 55 di quest’ultima.

39 Il giudice del rinvio ritiene che i punti 53 e 56 di tale sentenza si fondino su indicazioni che non sono del tutto conformi alla realtà. Da un lato, infatti, la circolare 8/1990, sulla cui pubblicazione si fonda detta sentenza, non contiene alcuna menzione degli IRPH, dato che questi ultimi sono stati introdotti dalla circolare 5/1994. D’altro lato, in ogni caso, la consultazione di quest’ultima circolare non consentirebbe di conoscere il metodo di calcolo degli IRPH, poiché quest’ultimo non vi figura, cosicché il consumatore dovrebbe dedurre dai dati consultabili che gli IRPH sono TAEG, che già includono differenziali, commissioni e spese.

40 Tali considerazioni sono presentate a sostegno delle questioni dalla quarta all’ottava.

41 Peraltro, il giudice del rinvio dubita che la summenzionata giurisprudenza del Tribunal Supremo (Corte suprema), in quanto si pronuncia nel senso che gli istituti di credito sono incondizionatamente dispensati dall’includere nei contratti di mutuo ipotecario una definizione completa dell’IRPH adottato per l’adeguamento periodico del tasso d’interesse e dall’informare i consumatori dell’evoluzione precedente di tale indice dal momento che quest’ultimo è oggetto di pubblicazioni ufficiali, sia conforme alla giurisprudenza della Corte, alla luce del punto 54 della sentenza del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch (C‑125/18, EU:C:2020:138), e del punto 34 dell’ordinanza del 17 novembre 2021, Gómez del Moral Guasch (C‑655/20, EU:C:2021:943).

42 Tali dubbi sono all’origine della nona e della decima questione.

43 Infine, il giudice del rinvio menziona anche la direttiva 2005/29, che esso ritiene applicabile al momento della conclusione del contratto di mutuo di cui si tratta nel procedimento principale. Il giudice in parola ritiene che l’assenza di elementi importanti nella definizione dell’IRPH delle casse di risparmio che figura in tale contratto possa equivalere all’omissione di un’informazione rilevante, ai sensi dell’articolo 7 di tale direttiva, e, pertanto, costituire una pratica ingannevole. Qualora detta ipotesi ricorresse, il giudice in parola si chiede se una siffatta constatazione sia tale da escludere qualsiasi buona fede, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13.

44 Tali considerazioni sono presentate a sostegno dell’undicesima e della dodicesima questione.

45 In secondo luogo, il giudice del rinvio configura l’ipotesi in cui la clausola controversa debba essere considerata non conforme al requisito di trasparenza. In una situazione del genere, detto giudice ritiene di dover esaminare il carattere eventualmente abusivo di tale clausola, esame di cui chiede conferma alla Corte, dal momento che le precedenti decisioni di quest’ultima avrebbero riguardato solo tale requisito.

46 In tale ipotesi, sotto un primo profilo, il giudice del rinvio menziona le norme nazionali che, dal 2019, prevedono che le condizioni contrattuali inserite in modo non trasparente a danno dei consumatori sono nulle di pieno diritto. Il giudice in parola rileva che il Tribunal Supremo (Corte suprema) non considererebbe tali norme applicabili retroattivamente. Per contro, con riguardo alle clausole cosiddette «di tasso minimo», in applicazione delle quali un tasso d’interesse variabile non potrebbe scendere al di sotto di una certa soglia, la giurisprudenza di detto organo giurisdizionale supremo sarebbe stabilita nel senso che tali clausole non sono trasparenti e, pertanto, sono abusive, in quanto prevedono un tasso di interesse apparentemente variabile, ma che, in realtà, varierebbe solo al rialzo. Il giudice del rinvio ritiene che tale giurisprudenza dovrebbe essere applicata per analogia nel caso di specie, tenuto conto dell’elemento ingannevole che la clausola controversa comporterebbe a causa dell’assenza di indicazioni nella definizione contrattuale dell’IRPH che quest’ultimo è un TAEG.

47 Tali considerazioni sono presentate a sostegno dell’undicesima e della dodicesima questione.

48 Sotto un secondo profilo, il giudice del rinvio menziona la giurisprudenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) secondo cui l’uso di un indice ufficiale, e utilizzato da autorità pubbliche per il finanziamento di alloggi di edilizia sociale, non potrebbe essere contrario al requisito della buona fede.

49 Detto giudice osserva tuttavia, da un lato, che il ricorso ad un indice ufficiale è imposto in caso di conclusione di un contratto di mutuo ipotecario e che le autorità pubbliche che si sono avvalse di un IRPH lo hanno fatto tenendo conto dell’avvertimento della Banca di Spagna contenuto nel preambolo della circolare 5/1994.

50 D’altro lato, il giudice del rinvio rileva che la valutazione del carattere abusivo verte non già sul ricorso a un IRPH, bensì sulla clausola che ha previsto tale ricorso in un contratto di mutuo. In considerazione del punto 69 della sentenza del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164), sarebbe quindi pertinente stabilire se il mutuante, trattando lealmente ed equamente con il mutuatario, avrebbe potuto aspettarsi che quest’ultimo accettasse l’inserimento della clausola controversa nel contratto di mutuo di cui si tratta nel procedimento principale a seguito di un negoziato individuale se avesse compreso il funzionamento del metodo di calcolo dell’IRPH delle casse di risparmio e, pertanto, avesse potuto valutare, sulla base di criteri precisi, le conseguenze economiche potenzialmente significative derivanti dall’applicazione di tale indice, se avesse conosciuto l’evoluzione di quest’ultimo nel corso dei due anni precedenti alla conclusione del contratto in parola e se fosse stato informato del fatto che la circolare 5/1994 conteneva un avvertimento sulla necessità di introdurre, se del caso, un differenziale negativo, avvertimento di cui il creditore non intendeva tener conto.

51 Secondo il giudice del rinvio, nell’ambito di tale valutazione, occorrerebbe in particolare confrontare il metodo di calcolo del tasso d’interesse contrattuale e il livello effettivo di tale tasso che ne risulta con i metodi di calcolo abitualmente adottati e con il tasso di interesse legale nonché con i tassi di interesse praticati sul mercato alla data della conclusione del contratto di cui si tratta per prestiti comparabili, tenuto conto del punto 67, secondo trattino, della sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus (C‑421/14, EU:C:2017:60).

52 Tali considerazioni sono presentate a sostegno delle questioni dalla quindicesima alla diciottesima.

53 In terzo e ultimo luogo, nell’ipotesi in cui si constati che la clausola controversa è abusiva e in cui, in linea di principio, il contratto di mutuo di cui si tratta nel procedimento principale non potrebbe sussistere senza detta clausola, il giudice del rinvio ritiene che esso dovrebbe prevedere di consentire al consumatore di scegliere tra l’annullamento di tale contratto o la sua conservazione sostituendo la clausola controversa con un riferimento a un indice previsto dalla legge in via suppletiva, tenuto conto, in particolare, del punto 52 dell’ordinanza del 17 novembre 2021, Gómez del Moral Guasch (C‑655/20, EU:C:2021:943).

54 Sotto un primo profilo, nel caso in cui il consumatore optasse per il mantenimento del contratto, il giudice del rinvio rileva che la disposizione suppletiva da esso individuata, che era volta a garantire la continuità dei contratti dopo l’eliminazione non contenziosa dell’IRPH delle casse di risparmio e dell’IRPH delle banche, mirava, a suo avviso, a preservare l’equilibrio tra le prestazioni delle parti, mentre il riconoscimento del carattere abusivo della clausola controversa implicherebbe che quest’ultima crea una situazione di squilibrio cui occorrerebbe porre rimedio. In siffatte circostanze, detto giudice è del parere che il ripristino dell’equilibrio tra le prestazioni delle parti porterebbe ad applicare all’indice di riferimento designato dalla clausola controversa un differenziale negativo, conformemente a quanto la Banca di Spagna avrebbe raccomandato nel preambolo della circolare 5/1994.

55 Sotto un secondo profilo, nel caso in cui il consumatore optasse per l’annullamento del contratto, il giudice del rinvio ritiene che l’applicazione dell’articolo 1303 del codice civile, che implicherebbe la restituzione reciproca delle prestazioni maggiorate degli interessi, favorirebbe l’istituto finanziario, laddove, per ipotesi, quest’ultimo sarebbe responsabile dell’annullamento di tale contratto. Infatti, in caso di applicazione dell’articolo in parola, l’istituto finanziario avrebbe diritto ad interessi al tasso legale, che è superiore al tasso d’interesse contrattuale, sull’intero capitale prestato dalla data di conclusione di detto contratto. Così apparentemente non avverrebbe se occorresse ricorrere all’articolo 1306, punto 2, del codice in parola, il che sembrerebbe possibile, purché si ritenga che il contratto di mutuo di cui si tratta nel procedimento principale debba essere annullato in conseguenza della sua «causa immorale», ai sensi di quest’ultima disposizione, e che detta causa immorale sia esclusivamente imputabile a tale istituto, dato che si tratta di un contratto di adesione imposto al mutuatario.

56 Tali considerazioni sono presentate a sostegno delle questioni dalla diciannovesima alla ventiduesima.

57 In tale contesto, lo Juzgado de Primera Instancia no 8 de Donostia – San Sebastián (Tribunale di primo grado n. 8 di Donostia — San Sebastián) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se, tenuto conto del fatto che la Banca di Spagna, nella circolare 5/1994 (...), con la quale ha inserito i tassi basati [sugli IRPH] nel mercato [dei mutui] ipotecar[i] spagnolo, avvertiva altresì che il loro semplice utilizzo diretto presupponeva situare il TAEG dell’operazione ad un livello superiore del TAEG del mercato, e che per evitarlo era necessario inserire l’adeguato differenziale negativo, ignorare siffatto avvertimento, e non inserire tale margine negativo, possa essere inteso come una modalità che fa sorgere [uno] squilibrio in contrasto con il requisito di buona fede di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva [93/13].

2) Se il fatto che gli istituti finanziari applichino differenziali negativi, coefficienti di riduzione o percentuali dell’IRPH, come indicato dalla Banca di Spagna, nei soli casi in cui i contratti di mutuo ipotecario sono destinati all’acquisto di alloggi di edilizia sociale e sono sottoposti alla supervisione delle dalle amministrazioni pubbliche e, al contrario, non applichino tali differenziali negativi, coefficienti di riduzione o percentuali dell’IRPH qualora il mutuo ipotecario contrattato sia destinato all’acquisto di un’abitazione a prezzo di mercato, senza la supervisione delle amministrazioni pubbliche, possa costituire una modalità che fa sorgere [uno] squilibrio in contrasto con il requisito di buona fede di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva [93/13].

3) Se, essendo stati dichiarati abusivi elementi che hanno integrato i TAEG delle operazioni di mutuo ipotecario che sono stati utilizzati per determinare il tasso IRPH delle casse di risparmio, su base mensile, come nel caso della commissione di apertura o di talune spese che sarebbe spettato al professionista pagare, risulti contrario all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva [93/13] mantenere la validità della clausola che inserisce il tasso IRPH delle casse di risparmio che è stato determinato, su base mensile, a partire da dati ottenuti applicando clausole dichiarate abusive.

4) Se sia contraria ai punti 51, 52, 54 e 55 della sentenza [del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch (C‑125/18, EU:C:2020:138)] una giurisprudenza nazionale, come quella stabilita dal Tribunal Supremo español (Corte Suprema), secondo la quale, senza la necessità di effettuare le verifiche e gli accertamenti richiesti da suddetti punti, il giudice nazionale deve ritenere che il controllo della trasparenza di una clausola che inserisce [un] indice di riferimento IRPH nel contratto stipulato da un consumatore e da un professionista sia superato, in ogni circostanza, in virtù del fatto che la definizione di suddetto tasso ipotecario è contenuta (...) nella circolare 5/1994 (...), pubblicata nel [Boletín Oficial del Estado (BOE n. 184 del 3 agosto 1994)], (…) dati che non sono a conoscenza del consumatore.

5) Se, per rispettare il requisito di trasparenza di una clausola inserita in un contratto di mutuo ipotecario a interesse variabile che collega l’interesse di remunerazione a un indice ufficiale come l’IRPH e che, per le caratteristiche delle sue modalità di calcolo, non è esclusivamente un riflesso degli interessi di remunerazione, richiede l’applicazione di un differenziale di calcolo complesso affinché lo si possa confrontare con altri indici, e comporta per il consumatore il rischio potenziale di dover sostenere il pagamento parzialmente duplicato di commissioni bancarie, l’articolo 5 della direttiva [93/13] debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa o a una giurisprudenza che consenta al professionista di non includere nel contratto, né di fornire espressamente al consumatore con sufficiente anticipo rispetto alla conclusione del contratto, le seguenti informazioni:

a) che [l’indice] di riferimento non riflette solo l’interesse di remunerazione, ma anche le commissioni;

b) l’aumento concreto che ciò comporta;

c) se viene applicato un differenziale negativo nel margine del tasso di riferimento per compensare tale aumento.

Tutto queste informazioni hanno lo scopo di consentire al consumatore di poter effettuare un reale confronto tra i vari tassi di riferimento possibili e di poter sapere se, e in quale misura, sarà tenuto a sostenere il pagamento delle commissioni parzialmente duplicate nel contratto che sta per concludere e, eventualmente, di poter impugnarle.

6) Se sia contraria al punto 57 delle osservazioni della Commissione europea [nella causa C‑125/18], ai paragrafi 2 e 125 delle conclusioni dell’avvocato generale [Szpunar presentate nella causa Gómez del Moral Guasch (C‑125/18, EU:C:2019:695)], e ai punti 51, 52, 54 e 55 della sentenza della Corte di giustizia [del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch (C‑125/18, EU:C:2020:138)], una giurisprudenza nazionale, come quella stabilita dal Tribunal Supremo (Corte suprema), secondo la quale il professionista contraente è esonerato da ogni responsabilità di informare il consumatore sul funzionamento del metodo di calcolo dell’indice [di riferimento] IRPH e sulle conseguenze economiche che ne derivano, trasferendo tale responsabilità sul consumatore stesso, il quale, privo di conoscenza finanziaria, deve cercare da sé medesimo [le] informazioni individuando e comprendendo una definizione pubblicata nel [Boletín Oficial del Estado] che non contiene informazioni in modo espresso quanto all’inserimento di differenziali e spese in [tale] indice (...), circostanza che egli stesso deve dedurre a partire dal fatto che detto [indice] (...) viene determinato mensilmente attraverso una media dei TAEG delle operazioni di riferimento.

7) Se sia compatibile un’interpretazione dei punti 53 e 56 della sentenza [del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch (C‑125/18, EU:C:2020:138)], secondo cui la mera pubblicazione della definizione dell’IRPH nel [Boletín Oficial del Estado] consente al consumatore contraente di sapere che [detto indice] inserisce i differenziali e le spese applicati dagli istituti [di credito], con una giurisprudenza costante della Corte di giustizia, secondo la quale il consumatore si trova in una situazione di inferiorità rispetto al professionista con il quale stipula un contratto sotto il profilo dell’informazione, e con il paragrafo 2 delle conclusioni dell’avvocato generale [Szpunar presentate nella causa Gómez del Moral Guasch (C‑125/18, EU:C:2019:695)], secondo cui il consumatore medio non è in grado comprendere talune nozioni, come quelle di “tasso d’interesse”, “indice di riferimento” oppure [TAEG], e, in particolare, le differenze tra tali nozioni, e che lo stesso vale per il funzionamento del calcolo concreto non solo dei tassi d’interesse variabili, ma anche degli indici di riferimento ufficiali dei mutui ipotecari e dei TAEG sulla base dei quali siffatti tassi di interesse sono calcolati.

8) Se sia contrario alla giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia, secondo la quale il consumatore si trova in una posizione di inferiorità rispetto al professionista con cui stipula il contratto sotto il profilo dell’informazione, e con il paragrafo 2 delle conclusioni dell’avvocato generale [Szpunar presentate nella causa Gómez del Moral Guasch (C‑125/18, EU:C:2019:695)] interpretare i punti 53 e 56 della sentenza [del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch (C‑125/18, EU:C:2020:138)] nel senso che un consumatore può sapere che l’indice IRPH include differenziali e spese partendo dalla definizione pubblicata nel [Boletín Oficial del Estado], quando a tal fine è necessario che detto consumatore sappia che cos’è un TAEG e che cosa rappresenta al fine di poter dedurre che, siccome l’IRPH delle casse di risparmio è determinato da una media semplice dei TAEG, esso incorporerà necessariamente le commissioni, i differenziali e le spese applicate dagli istituti [di credito].

9) Se la dispensa dall’obbligo del professionista di includere nel contratto la definizione completa dell’indice di riferimento che serve a calcolare il tasso d’interesse variabile e di fornire un opuscolo informativo che riprenda l’andamento precedente di tale indice, contenuta nell’ordinanza [del 17 novembre 2021, Gómez del Moral Guasch (C‑655/20, EU:C:2021:943)], abbia natura radicale e incondizionata o, al contrario, sia subordinata al fatto che, con le menzionate informazioni fornite dal professionista, il consumatore contraente sia già in grado di comprendere il funzionamento del metodo di calcolo [di tale] indice (...) al fine di poter così valutare, sulla base di criteri precisi e comprensibili, le conseguenze economiche potenzialmente significative sulla sua situazione finanziaria.

10) Se la dispensa in parola si estenda anche ai quei casi in cui l’inclusione nel contratto della definizione completa dell’indice di riferimento che serve a calcolare il tasso d’interesse variabile e la consegna dell’opuscolo informativo in cui è illustrato l’andamento precedente di tale indice risultino d’obbligo in applicazione della normativa nazionale vigente al momento della conclusione del contratto.

11) Se, risultando applicabile la direttiva [2005/29], relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno, l’omissione da parte del professionista di informazioni così rilevanti come [quelle relative al] particolare funzionamento del metodo di calcolo degli IRPH, [al]la loro determinazione sulla base di TAEG delle operazioni di riferimento, ciò che porta ad includere nel loro valore nominale i differenziali, le commissioni e le spese medie di tali operazioni, [e a]l loro andamento permanente superiore all’[indice di riferimento] Euribor durante tutti gli anni trascorsi dalla creazione del medesimo, [essendovi] un avvertimento del Banco de España agli istituti finanziari circa la necessità di inserire un differenziale negativo al fine di evitare che il TAEG dell’operazione si collochi al di sopra del TAEG del mercato, possa intendersi come una pratica ingannevole alla luce dell’articolo 7 della direttiva stessa.

12) Se, laddove il giudice nazionale concluda che la pratica posta in essere dal professionista si è rivelata ingannevole ai sensi della direttiva [2005/29], si debba ritenere, automaticamente, che il (...) comportamento [di quest’ultimo] determini un tale significativo squilibrio in contrasto con il requisito di buona fede di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva [93/13], o se, al contrario, sia compatibile il fatto che un professionista agisca in modo ingannevole ai sensi della direttiva [2005/29] e in buona fede ai sensi della direttiva [93/13].

13) Se sia contraria al principio dell’effettività una giurisprudenza nazionale, come quella stabilita dal Tribunal Supremo (Corte suprema), secondo la quale, dichiarata la mancanza di trasparenza della clausola che inserisce [l’]IRPH delle casse di risparmio nel contratto concluso tra un consumatore e un professionista, non si possano applicare retroattivamente le disposizioni dell’articolo 83 del[la legge generale sulla tutela dei consumatori e degli utenti] e dell’articolo 5, paragrafo 5, della [legge 7/1998, dopo la loro modifica da parte della legge 5/2019], facendo così sorgere due livelli di protezione contro una medesima clausola abusiva, uno per i consumatori che hanno stipulato un contratto prima di tale modifica, e l’altro per i consumatori che hanno stipulato un contratto successivamente alla modifica in parola.

14) Se sia contraria al principio dell’effettività una giurisprudenza nazionale, come quella stabilita dal Tribunal Supremo (Corte suprema), secondo la quale la mancanza di trasparenza di una clausola relativa al prezzo del contratto, come la clausola di tasso minimo, presuppone il suo carattere abusivo, tenuto conto del fatto che comporta un elemento ingannevole, mentre la mancanza di trasparenza della clausola che inserisce [l’]IRPH delle casse di risparmio nel contratto, clausola che parimenti incide sul prezzo del contratto, non presuppone il suo carattere abusivo.

15) Se sia contraria al punto 69 della sentenza della Corte di giustizia [del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164)], e alla nozione di squilibrio “in contrasto con il requisito di buona fede” una giurisprudenza nazionale come quella stabilita dal Tribunal Supremo (Corte suprema) che ritiene illogico sostenere che il professionista non abbia agito in buona fede quando ha utilizzato un [indice di riferimento] ufficiale, disciplinato dalla Banca di Spagna e abitualmente utilizzato dalle amministrazioni pubbliche nei loro programmi di edilizia sociale, deducendo[si] pertanto, rispetto a qualunque caso, la sussistenza della buona fede da parte del professionista, senza che sia necessario [verificare] se il professionista potesse reputare che il consumatore, trattato in modo leale ed equo, avrebbe accettato la clausola impugnata nell’ambito di un negoziazione individuale.

16) Se il punto 69 della sentenza della Corte di giustizia [del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164)], nell’ambito di una controversia relativa all’inserimento [in un] contratto di [mutuo ipotecario] di un tasso [d’interesse calcolato in relazione all’]IRPH delle casse di risparmio al fine di determinare la remunerazione del contratto, debba essere interpretato nel senso che il giudice nazionale deve chiedersi se il professionista poteva reputare che il consumatore – se [questi] avesse compreso il funzionamento del metodo di calcolo del[l’]IRPH delle casse di risparmio, se avesse conosciuto l’andamento del[l’]IRPH delle casse di risparmio almeno nei due anni precedenti la conclusione del contratto, e se fosse stato informato del fatto che la Banca di Spagna, nella sua circolare 5/1994, aveva segnalato la necessità di inserire, se del caso, un differenziale negativo, avvertimento che il professionista non intendeva rispettare – avrebbe accettato l’inserimento di tale clausola nell’ambito di una negoziazione individuale.

17) Se, per quanto riguarda la clausola che inserisce [l’]IRPH delle casse di risparmio [in un] contratto [di mutuo ipotecario] concluso da un professionista e da un consumatore, il punto 67 della sentenza [del 26 gennaio 2017, Banco Primus (C‑421/14, EU:C:2017:60),] debba essere interpretato nel senso che il giudice nazionale, al fine di valutare l’esistenza di uno squilibrio in contrasto con il requisito di buona fede, deve confrontare [il] metodo di calcolo [di tale IRPH] con quello utilizzato per la determinazione del[l’indice di riferimento] Euribor, di utilizzo prevalente, e i rispettivi tassi effettivi che ne risultano per mutui di importo e durata equivalenti.

18) Se, per quanto riguarda la clausola che inserisce [l’]IRPH delle casse di risparmio [in un] contratto [di mutuo ipotecario] sottoscritto da un professionista e da un consumatore, e ai fini della valutazione dell’esistenza di uno squilibrio in contrasto il requisito di buona fede ai sensi del punto 67 della sentenza [del 26 gennaio 2017, Banco Primus (C‑421/14, EU:C:2017:60),] sia rilevante la circostanza per cui il tasso effettivo risultante (...) [dall’indice di riferimento] Euribor rappresenta il prezzo al quale gli istituti [di credito] acquisiscono il denaro che successivamente prestano ai loro clienti, mentre il tasso effettivo risultante [dall’]IRPH delle casse di risparmio, che è sempre più elevato, rappresenta il costo totale pagato dai clienti ai quali le casse di risparmio hanno prestato tale denaro.

19) Se sia contrario all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva [93/13] il fatto che, dichiarata abusiva la clausola che inserisce [l’]IRPH delle casse di risparmio [in un] contratto [di mutuo ipotecario] concluso tra un professionista e un consumatore, e risultando che il contratto non può sussistere dopo l’espunzione della clausola in parola dal contratto stesso, si possa supplire alla medesima ai sensi della quindicesima disposizione aggiuntiva della [legge 14/2013], sostituzione che porterebbe a mantenere, a vantaggio del professionista, la stessa situazione di squilibrio [che risultava dalla clausola] annullata dal giudice nazionale, tenuto conto del fatto che detta norma suppletiva era prevista per la sostituzione non controversa dell’indice [da essa previsto] e mirava a far sì che detta sostituzione non modificasse la situazione esistente prima della scomparsa dell’indice [di riferimento iniziale].

20) Se, tenuto conto del fatto che, secondo il parere della Banca di Spagna, tutte le censure [relative all’uso dell’]IRPH delle casse di risparmio sarebbero state neutralizzate se fosse stato inserito [un] differenziale negativo, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva [93/13] debba essere interpretato nel senso che, dichiarata abusiva la clausola che inserisce [l’]IRPH delle casse di risparmio [in un] contratto [di mutuo ipotecario] concluso tra un consumatore e un professionista, non osta a che il giudice nazionale sostituisca, retroattivamente, il differenziale [inizialmente previsto] con il differenziale negativo che avrebbe dovuto essere [previsto] al momento della conclusione del contratto, con restituzione al consumatore di quanto [quest’ultimo ha] indebitamente [pagato], con i relativi interessi, al fine di evitare la nullità del contratto e trasformare tale contratto in quello che avrebbe dovuto essere stipulato in conformità all’avvertimento della Banca di Spagna.

21) Se sia contrario all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva [93/13] il fatto che, dichiarata abusiva la clausola che inserisce [l’]IRPH delle casse di risparmio [in un] contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, e dichiarato il contratto nullo a causa dell’impossibilità di sussistere dello stesso dopo l’espunzione di tale clausola, il fatto che si definiscano gli effetti dell’articolo 1303 del codice civile in modo tale che l’autore della violazione risulta avvantaggiato perché recupera la totalità del [capitale] prestato, con interessi legali superiori a quelli previsti dal contratto, e applicabili sulla totalità del prestito a decorrere dal primo giorno.

22) Se, tenuto conto che nella specie si tratta di un contratto di adesione, costituito da condizioni generali non negoziate imposte dal professionista, ed essendo detto professionista l’unico responsabile dell’inserimento delle clausole abusive relative ad elementi essenziali del prezzo, l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva [93/13] debba interpretarsi nel senso che è il professionista il responsabile della causa immorale che ha determinato la nullità del contratto in toto, e, di conseguenza, risulti applicabile l’articolo 1306, punto 2, del codice civile».

 Sulla domanda di pronuncia pregiudiziale

 Sulla ricevibilità

58 Il governo spagnolo nutre dubbi in ordine alla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. A tal riguardo, esso fa valere che, in mancanza di indicazioni sufficienti per quanto riguarda il contesto di fatto del procedimento principale, oltre al fatto che non si è ancora statuito sull’ammissione delle prove presentate dalle parti nel procedimento principale e che le pretese di tali parti non sono note, la Corte si trova nell’impossibilità di pronunciarsi utilmente sulle questioni sollevate, dato che la valutazione della trasparenza e del carattere abusivo di una clausola deve essere fondata sull’insieme delle circostanze particolari di ciascun caso di specie. In tali circostanze, la Corte sarebbe chiamata a effettuare un esame generale ed astratto della direttiva 93/13 in relazione al ricorso ad un IRPH come indice di riferimento in contratti di mutuo ipotecario. Il governo in parola sostiene altresì che la presentazione della giurisprudenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) contenuta nella decisione di rinvio è approssimativa, se non inesatta, e che la giurisprudenza della Corte contiene già la risposta a diverse di tali questioni.

59 Innanzitutto, si deve ricordare che, sotto un primo profilo, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte, le quali godono di una presunzione di rilevanza. Pertanto, quando la questione sollevata riguarda l’interpretazione o la validità di una norma di diritto dell’Unione, la Corte è, in linea di principio, obbligata a pronunciarsi, a meno che non sia evidente che l’interpretazione richiesta non ha alcun legame con la realtà o con l’oggetto del procedimento principale, se il problema è ipotetico o se la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per dare una risposta utile a tale questione (sentenza del 21 dicembre 2021, Trapeza Peiraios, C‑243/20, EU:C:2021:1045, punto 25 e giurisprudenza ivi citata). Sotto un secondo profilo, conformemente all’articolo 94, lettere a) e c), del regolamento di procedura della Corte, una decisione di rinvio deve contenere «un’illustrazione sommaria» dei fatti e «l’illustrazione» della motivazione del rinvio.

60 Orbene, la decisione di rinvio contiene indicazioni per quanto riguarda gli elementi di fatto del procedimento principale che, sebbene limitati, sono tuttavia sufficienti per consentire di comprendere la portata delle questioni sollevate e la loro rilevanza ai fini della definizione di tale causa nonché per consentire alla Corte di fornire risposte utili, pur dando ai governi degli Stati membri e alle altre parti interessate la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

61 Al riguardo, occorre sottolineare che spetta al giudice nazionale, e non alla Corte, tenere conto del complesso delle circostanze proprie del caso di specie al fine di determinare se, alla luce dei criteri enunciati agli articoli 3, paragrafo 1, nonché dell’articolo 5 della direttiva 93/13, una clausola contrattuale soddisfi i requisiti di buona fede, equilibrio e trasparenza posti dalla direttiva medesima (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo, Abanca Corporación Bancaria et Bankia, C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2019:250, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

62 Inoltre, i giudici nazionali sono liberi di rivolgersi alla Corte in qualsiasi momento del procedimento che ritengano opportuno, a condizione che spieghino, quantomeno, le ipotesi di fatto su cui sono fondate le loro questioni pregiudiziali [v., in tal senso, ordinanza del 25 marzo 2022, IP e a. (Accertamento della sussistenza dei fatti di cui al procedimento principale) C‑609/21, EU:C:2022:232, punto 21 e giurisprudenza ivi citata].

63 Infine, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza (v., in tal senso, sentenza dell’8 giugno 2016, Hünnebeck, C‑479/14, EU:C:2016:412, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

64 La convenuta nel procedimento principale contesta altresì, in pratica, la ricevibilità di tutte le questioni sollevate, sulla base del rilievo che la giurisprudenza della Corte conterrebbe già la risposta alle medesime.

65 A tal riguardo, occorre constatare che una siffatta circostanza, quand’anche dimostrata, potrebbe soltanto giustificare il ricorso a una risposta formulata con ordinanza motivata, fondata sull’articolo 99 del regolamento di procedura, e non il rigetto della domanda di pronuncia pregiudiziale. Del resto, si deve constatare che, sebbene la soluzione di talune questioni possa desumersi dalla giurisprudenza, ciò non vale per tutte le questioni.

66 Di conseguenza, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile, fatto salvo l’esame della ricevibilità di talune questioni.

 Sulle questioni pregiudiziali

67 La quarta questione e le questioni dalla sesta alla decima nonché, in parte, la quinta questione vertono sul rispetto del requisito di trasparenza delle clausole dei contratti conclusi con consumatori nell’ambito della conclusione di un contratto di mutuo ipotecario contenente una clausola come la clausola controversa.

68 Le questioni dalla prima alla terza e dall’undicesima alla diciottesima nonché, in parte, la quinta questione vertono sul carattere eventualmente abusivo di una siffatta clausola.

69 Le questioni dalla diciannovesima alla ventiduesima vertono sulle conseguenze dell’eventuale accertamento del carattere abusivo di tale clausola.

70 È in quest’ordine che occorre esaminare le questioni in parola.

 Sulla quarta questione e sulle questioni dalla sesta alla decima nonché, in parte, sulla quinta questione, relative al rispetto del requisito di trasparenza

71 In via preliminare, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 267, primo comma, TFUE, la Corte è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale unicamente sull’interpretazione dei trattati e degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione europea. Essa non può quindi pronunciarsi sull’interpretazione né di conclusioni che sono state pronunciate da un avvocato generale nell’ambito di un precedente rinvio pregiudiziale né di osservazioni presentate da un’istituzione nell’ambito di un siffatto rinvio pregiudiziale.

72 La Corte non è pertanto competente a rispondere alle questioni dalla sesta all’ottava nella parte in cui sono dirette all’interpretazione di tali conclusioni o osservazioni.

73 Ciò posto, con la quarta questione e le questioni dalla sesta alla decima nonché, in parte, con la quinta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 2, e l’articolo 5 della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che il requisito di trasparenza risultante dalle disposizioni in parola è rispettato alla conclusione di un contratto di mutuo ipotecario per quanto riguarda la clausola di tale contratto che prevede l’adeguamento periodico del tasso di interesse in relazione al valore di un indice ufficiale istituito da un atto amministrativo, che ne contiene la definizione, per il solo fatto che detto atto nonché i valori anteriori dell’indice in parola sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dello Stato membro di cui si tratta, senza quindi che il creditore debba esso stesso informare il consumatore quanto alla definizione di tale indice e alla sua evoluzione precedente, anche se, a causa del suo metodo di calcolo, esso corrisponde non a un tasso d’interesse di remunerazione, bensì ad un TAEG, poiché il metodo di calcolo in parola tiene conto anche dei differenziali, delle commissioni e delle spese previsti dai contratti simili che servono a stabilire i valori successivi di detto indice. Il giudice del rinvio si interroga inoltre sull’eventuale influenza al riguardo del fatto che la normativa nazionale applicabile al momento della conclusione del contratto in discussione prevede che gli istituti di credito debbano includere nei contratti conclusi con i singoli la definizione dell’indice di riferimento che serve all’adeguamento periodico del tasso di interesse e fornire un documento che riporti l’evoluzione precedente di tale indice di riferimento durante un determinato periodo.

74 Il giudice del rinvio sottolinea al riguardo che il consumatore si trova in una situazione di inferiorità rispetto al professionista in materia di informazione, in particolare per quanto riguarda la portata esatta della nozione di «TAEG», che il metodo di calcolo di un indice quale un IRPH può rendere difficile il confronto di una proposta di contratto contenente una clausola di adeguamento del tasso d’interesse con riferimento ad un siffatto indice con proposte che prevedono un adeguamento del tasso di interesse con riferimento ad indici corrispondenti a tassi d’interesse nominali, e non a TAEG, e che risulta ostico per un consumatore determinare in quale misura il ricorso ad un indice come un IRPH implichi indirettamente il pagamento di altri differenziali, commissioni o spese diversi da quelli esplicitamente previsti nel suo contratto.

75 Al fine di rispondere alle questioni come riformulate al punto 73 della presente sentenza, occorre ricordare che le informazioni, prima della conclusione di un contratto, in merito alle condizioni contrattuali ed alle conseguenze di detta conclusione, sono, per un consumatore, di fondamentale importanza. È segnatamente in base a tali informazioni che quest’ultimo decide se desidera vincolarsi alle condizioni preventivamente redatte dal professionista [sentenza del 13 luglio 2023, Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale), C‑265/22, EU:C:2023:578, punto 51 e giurisprudenza ivi citata].

76 Di conseguenza, e dal momento che il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 si fonda sull’idea che il consumatore si trova in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda, in particolare, il grado di informazione, il requisito di cui si tratta deve essere interpretato in modo estensivo [sentenza del 13 luglio 2023, Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale), C‑265/22, EU:C:2023:578, punto 52 e giurisprudenza ivi citata].

77 Concretamente, il requisito secondo cui una clausola contrattuale deve essere formulata in modo chiaro e comprensibile presuppone che, nel caso dei contratti di mutuo, gli istituti finanziari debbano fornire ai mutuatari informazioni sufficienti a consentire a questi ultimi di assumere le proprie decisioni con prudenza e in piena cognizione di causa. Al riguardo, spetta al giudice nazionale, quando valuta le circostanze ricorrenti al momento della conclusione del contratto, verificare che sia stato comunicato al consumatore interessato il complesso degli elementi idonei a incidere sulla portata del suo impegno e che gli consentono di valutare quest’ultima, segnatamente, per quanto riguarda il costo totale del mutuo [sentenza del 13 luglio 2023, Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale), C‑265/22, EU:C:2023:578, punto 53 e giurisprudenza ivi citata].

78 Svolgono un ruolo determinante in siffatta valutazione, da un lato, la questione di accertare se le clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile tale da consentire a un consumatore medio, ossia un consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, di valutare un costo del genere e, d’altro lato, la menzione o la mancata menzione nel contratto di mutuo delle informazioni considerate come essenziali alla luce della natura dei beni o dei servizi che costituiscono l’oggetto del suddetto contratto [sentenza del 13 luglio 2023, Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale), C‑265/22, EU:C:2023:578, punto 54 e giurisprudenza ivi citata].

79 Per quanto riguarda, più in particolare, una clausola che preveda, nell’ambito di un contratto di mutuo ipotecario, una remunerazione di tale mutuo mediante interessi calcolati sulla base di un tasso variabile, come nel procedimento principale, con riferimento a un indice ufficiale, il requisito di trasparenza deve essere inteso nel senso che impone, in particolare, che un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, sia posto in grado di comprendere il funzionamento concreto della modalità di calcolo di tale tasso e di valutare in tal modo, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una tale clausola sui suoi obblighi finanziari [sentenza del 13 luglio 2023, Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale), C‑265/22, EU:C:2023:578, punto 55 e giurisprudenza ivi citata].

80 Tra gli elementi pertinenti che spetta al giudice nazionale prendere in considerazione quando effettua le necessarie verifiche al riguardo vi sono non solo il contenuto delle informazioni fornite dal mutuante nell’ambito della negoziazione del contratto di mutuo in discussione, ma altresì il fatto che i principali elementi relativi al calcolo dell’indice di riferimento siano facilmente accessibili, grazie alla loro pubblicazione [sentenza del 13 luglio 2023, Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale), C‑265/22, EU:C:2023:578, punto 56 e giurisprudenza ivi citata].

81 Infatti, nel caso di un contratto di mutuo il cui tasso d’interesse è variabile, cosicché il valore esatto di detto tasso di interesse non può essere determinato per tutta la durata di tale contratto, è rilevante che l’indice di riferimento al quale rinvia questo contratto sia stabilito mediante un atto amministrativo che è stato oggetto di una pubblicazione ufficiale, poiché, in linea di principio, i mutuatari hanno così accesso a informazioni che possono consentire a un consumatore medio di comprendere il metodo di calcolo dell’indice in parola.

82 Nondimeno, sebbene una siffatta pubblicazione possa portare a dispensare un mutuante professionista dal fornire talune informazioni a un candidato mutuatario quanto alla clausola che prevede l’adeguamento periodico del tasso d’interesse del mutuo auspicato, ciò avviene a condizione che, in considerazione degli elementi di informazione pubblicamente disponibili e accessibili nonché delle informazioni fornite, se del caso, dal professionista, un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, sia stato in grado di comprendere il funzionamento concreto del metodo di calcolo del tasso d’interesse variabile, in particolare in quanto implica un indice di riferimento, e di valutare così, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una siffatta clausola sui suoi obblighi finanziari (v., in tal senso, ordinanza del 17 novembre 2021, Gómez del Moral Guasch, C‑655/20, EU:C:2021:943, punti 29 e 34).

83 Da ciò deriva, in particolare, che l’informazione su taluni aspetti contrattuali necessaria ai candidati mutuatari per comprendere la portata dell’accettazione di una proposta di contratto di mutuo può risultare da elementi non forniti direttamente dal mutuante professionista, purché tali elementi siano pubblicamente disponibili e accessibili, eventualmente grazie a determinate indicazioni fornite a tal fine da detto professionista.

84 Per quanto riguarda, in particolare, l’accessibilità degli elementi di informazione non direttamente forniti dal professionista, dal punto 60 della sentenza del 13 luglio 2023, Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale) (C‑265/22, EU:C:2023:578), risulta che occorre che tale professionista fornisca indicazioni sufficientemente precise ed esatte ai candidati mutuatari, affinché questi ultimi possano prendere conoscenza degli elementi in discussione senza espletare iniziative che, rientrando nella ricerca giuridica, non possono ragionevolmente attendersi da un consumatore medio.

85 Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio non risulta che il contratto di mutuo in discussione nel procedimento principale contenga un rinvio al Boletín Oficial del Estado né alla circolare pertinente della Banca di Spagna. Orbene, dal punto precedente della presente sentenza risulta che la mancanza di indicazioni affidabili al riguardo è tale da compromettere l’accessibilità delle informazioni di cui si tratta per un consumatore medio.

86 Per contro, la clausola controversa contiene una definizione dell’IRPH delle casse di risparmio. Tuttavia, il giudice del rinvio precisa che tale definizione è incompleta, giacché riproduce solo la prima parte della definizione ufficiale dell’indice in parola, quale figura nella circolare 5/1994, secondo cui detto indice costituisce una media dei tassi d’interesse medi dei contratti analoghi al contratto di mutuo in discussione nel procedimento principale. Non vi figura quindi la seconda parte della definizione ufficiale summenzionata, la quale indica che tali «tassi d’interesse medi» sono TAEG.

87 Nella clausola controversa non figura neppure un rinvio all’avvertimento emesso dalla Banca di Spagna nel preambolo della circolare in parola a proposito di tale caratteristica, che attira l’attenzione degli istituti di credito sulla conseguenza di quest’ultima per quanto riguarda il livello degli IRPH in relazione al tasso di mercato e, pertanto, sul fatto che sarebbe necessario applicare un differenziale negativo per allineare il TAEG dell’operazione di cui si tratta a quello del mercato.

88 Orbene, per quanto riguarda detta caratteristica e tale avvertimento, la Corte ha indicato, al punto 59 della sentenza del 13 luglio 2023, Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale) (C‑265/22, EU:C:2023:578), che costituisce un indizio pertinente dell’utilità di siffatte informazioni per il consumatore il fatto che l’istituto autore della circolare 5/1994 abbia ritenuto opportuno, con tale preambolo, attirare l’attenzione degli istituti di credito sul livello degli IRPH in relazione al tasso di mercato e sulla necessità di applicare un differenziale negativo per allineare il TAEG dell’operazione di cui si tratta al TAEG del mercato.

89 Peraltro, fatta salva la verifica al riguardo da parte del giudice del rinvio quanto alla sua esatta formulazione, detto avvertimento, quale riprodotto al punto 14 della sentenza del 13 luglio 2023, Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale) (C‑265/22, EU:C:2023:578), può altresì essere un indizio pertinente per determinare la comprensione, da parte di un consumatore medio, della nozione di TAEG in un siffatto contesto, dal momento che la Banca di Spagna pare aver ritenuto utile precisare che proprio perché includono inoltre l’effetto delle commissioni i tassi medi dei mutui ipotecari presi in considerazione per fissare il valore di un IRPH sono TAEG.

90 Per contro, il ricorso a un IRPH non sembra tale da pregiudicare la comparabilità di una proposta di contratto che lo prevede con altre proposte che rinviano ad un indice che non corrisponde a un TAEG, purché il valore attuale e i valori anteriori successivi di questi due indici siano forniti o accessibili cosicché i candidati mutuatari possano prenderne conoscenza senza compiere iniziative che non possono ragionevolmente attendersi da un consumatore medio. Infatti, in detta fattispecie, un consumatore medio può confrontare i tassi di interesse previsti dalle diverse proposte, poiché gli è sufficiente, per ciascuna di esse, aggiungere ai valori successivi dell’indice di riferimento designato, qualunque esso sia, il differenziale previsto, al fine di ottenere valori comparabili.

91 Ciò posto, il fatto che, dato il loro metodo di calcolo, indici quali gli IRPH siano stabiliti con riferimento a TAEG non ha l’effetto di trasformare il tasso di interesse di un mutuo adeguato periodicamente con riferimento ai valori successivi di un IRPH in un TAEG, che può essere scomposto, da un lato, in un tasso d’interesse di remunerazione propriamente detto e, dall’altro, in differenziali, commissioni e spese. Infatti, la clausola di un contratto di mutuo che determina l’indice di riferimento, qualunque esso sia, applicabile per l’adeguamento periodico del tasso d’interesse mira unicamente a stabilire un metodo di calcolo contrattuale di tale tasso, senza modificarne la natura.

92 Infine, per quanto riguarda il fatto che la normativa nazionale imponga agli istituti di credito alcuni obblighi specifici di fornire informazioni ai potenziali mutuatari, dai punti 54 e 55 della sentenza del 3 marzo 2020 nella sentenza del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch (C‑125/18, EU:C:2020:138), risulta che tali obblighi devono essere rispettati dal professionista.

93 Infatti, l’articolo 8 della direttiva 93/13 autorizza espressamente gli Stati membri ad adottare, nel settore da essa disciplinato, disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore. Orbene, disposizioni siffatte possono riguardare talune informazioni che devono essere obbligatoriamente fornite dai professionisti nell’ambito della conclusione di determinati contratti.

94 Occorre quindi rispondere alla quarta questione e alle questioni dalla sesta alla decima nonché, in parte, alla quinta questione, dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 2, e l’articolo 5 della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che il requisito di trasparenza risultante dalle menzionate disposizioni è rispettato alla conclusione di un contratto di mutuo ipotecario per quanto riguarda la clausola di tale contratto che prevede l’adeguamento periodico del tasso di interesse in relazione al valore di un indice ufficiale istituito da un atto amministrativo, che ne contiene la definizione, per il solo fatto che detto atto nonché i valori anteriori dell’indice in parola sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dello Stato membro di cui si tratta, senza quindi che il creditore debba esso stesso informare il consumatore quanto alla definizione di detto indice e alla sua evoluzione precedente, anche se, a causa del suo metodo di calcolo, esso corrisponde non a un tasso d’interesse di remunerazione, bensì ad un TAEG, purché, a seguito della loro pubblicazione, gli elementi in discussione siano sufficientemente accessibili per un consumatore medio grazie alle indicazioni fornite a tal fine dal professionista di cui si tratta. In assenza delle indicazioni in parola, spetta al professionista fornire direttamente una definizione completa di tale indice nonché ogni elemento di informazione pertinente, segnatamente quanto ad un eventuale avvertimento proveniente dall’autorità che ha stabilito detto indice per ciò che riguarda le particolarità di quest’ultimo e le loro conseguenze che possono essere considerate importanti per il consumatore al fine di valutare correttamente le conseguenze economiche della conclusione del contratto di mutuo ipotecario propostogli. In ogni caso, spetta al professionista fornire al consumatore tutte le informazioni la cui trasmissione è imposta dalla normativa nazionale applicabile al momento della conclusione del contratto.

 Sulle questioni dalla prima alla terza e dall’undicesima alla diciottesima nonché, in parte, sulla quinta questione, relative all’eventuale carattere abusivo di una clausola contrattuale

95 In via preliminare, occorre rilevare, anzitutto, che l’undicesima e la dodicesima questione vertono sull’interpretazione della direttiva 2005/29.

96 Orbene, come constatato dalla Corte al punto 40 della sentenza del 13 luglio 2023, Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale) (C‑265/22, EU:C:2023:578), la direttiva 2005/29 è stata trasposta nel diritto spagnolo con la Ley 29/2009, por la que se modifica el régimen legal de la competencia desleal y de la publicidad para la mejora de la protección de los consumidores y usuarios (legge 29/2009, recante modifica del regime legale della concorrenza sleale e della pubblicità al fine di migliorare la tutela dei consumatori e degli utenti), del 30 dicembre 2009 (BOE n. 315, del 31 dicembre 2009, pag. 112039).

97 Di conseguenza, per gli stessi motivi esposti ai punti da 37 a 39 e 42 della sentenza del 13 luglio 2023, Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale) (C‑265/22, EU:C:2023:578), poiché la direttiva 2005/29 non è applicabile alla data di conclusione del contratto di mutuo in discussione nel procedimento principale, avvenuta l’11 settembre 2006, l’interpretazione di tale direttiva non ha alcun rapporto con la soluzione del procedimento principale.

98 Inoltre, la tredicesima questione è volta ad ottenere che la Corte si pronunci sulla giurisprudenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) relativa all’ambito di applicazione ratione temporis di una legge nazionale che introduce una disposizione più favorevole ai consumatori.

99 In proposito, la Corte ha ripetutamente sottolineato che non le compete, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni nazionali, né giudicare se l’interpretazione che ne dà il giudice nazionale sia corretta, poiché un’interpretazione del genere rientra infatti nella competenza esclusiva dei giudici nazionali (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2017, IOS Finance EFC, C‑555/14, EU:C:2017:121, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

100    Infine, la quattordicesima questione è volta ad ottenere che la Corte controlli la coerenza della giurisprudenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) non già rispetto a una norma del diritto dell’Unione, bensì rispetto a due elementi di tale giurisprudenza che il giudice del rinvio pare ritenere divergenti senza una valida ragione.

101    Orbene, la Corte non è neppure competente ad esercitare un controllo del genere, fatto salvo, se del caso, il principio di equivalenza, il quale non è tuttavia pertinente nel caso di specie e non è peraltro menzionato dal giudice del rinvio.

102    Pertanto, le questioni dall’undicesima alla quattordicesima sono irricevibili.

– Sulla prima e sulla seconda questione

103    Il governo spagnolo contesta la ricevibilità della seconda questione, relativa al comportamento abituale degli istituti di credito quando contratti di mutuo ipotecario sono conclusi sotto il controllo di amministrazioni pubbliche, per il motivo che detta questione sarebbe fondata su un’ipotesi esposta in modo incompleto o inesatto. Infatti, il tasso applicabile nell’ambito dei contratti relativi all’acquisto di alloggi di edilizia sociale sarebbe stato determinato dalla normativa nazionale, cosicché non si tratterebbe di un contesto di libera determinazione dei prezzi, contrariamente ai contratti di mutuo ipotecario conclusi per l’acquisto di altre abitazioni, come il contratto di mutuo in discussione nel procedimento principale.

104    Tuttavia, in conformità alla giurisprudenza ricordata al punto 63 della presente sentenza, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sono sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza.

105    Pertanto, la seconda questione pregiudiziale è ricevibile.

106    Con la prima e la seconda questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che è pertinente per valutare l’eventuale carattere abusivo di una clausola di un contratto di mutuo ipotecario a tasso variabile che prevede l’adeguamento periodico del tasso di interesse in relazione al valore di un indice ufficiale il fatto che la clausola in parola rinvii direttamente e semplicemente a tale indice, anche se dalle indicazioni contenute nell’atto amministrativo che ha introdotto detto indice risulta che, a causa delle particolarità derivanti dal suo metodo di calcolo, sarebbe necessario applicare un differenziale negativo al fine di allineare il TAEG dell’operazione di cui si tratta al TAEG del mercato.

107    Il giudice del rinvio sottolinea al riguardo che gli istituti di credito applicano nondimeno un siffatto differenziale negativo in taluni contratti di mutuo ipotecario, conclusi sotto il controllo di amministrazioni pubbliche.

108    Occorre ricordare che, qualora un giudice nazionale ritenga che una clausola contrattuale avente per oggetto la determinazione del metodo di calcolo di un tasso di interesse variabile in un contratto di mutuo ipotecario non sia formulata in modo chiaro e comprensibile, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, spetta ad esso esaminare se tale clausola sia abusiva, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva (sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 67, secondo trattino; v. altresì, in tal senso, ordinanza del 17 novembre 2021, Gómez del Moral Guasch, C‑655/20, EU:C:2021:943, punto 46).

109    Di conseguenza, la risposta alla prima e alla seconda questione per quanto riguarda l’eventuale carattere abusivo di una clausola come la clausola controversa presuppone che da una valutazione preliminare del giudice del rinvio risulti che tale clausola non rispetta il requisito di trasparenza imposto dalla direttiva 93/13.

110    Peraltro, il carattere trasparente di una clausola contrattuale, come richiesto dall’articolo 5 della direttiva 93/13, costituisce uno degli elementi da prendere in considerazione nell’ambito della valutazione del carattere abusivo di tale clausola. Tuttavia, dall’articolo 4, paragrafo 2, di detta direttiva si evince che la circostanza che una clausola non sia redatta in maniera chiara e comprensibile non è, di per sé, tale da conferirle un carattere abusivo [sentenza del 13 luglio 2023, Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale), C‑265/22, EU:C:2023:578, punto 66 e giurisprudenza ivi citata].

111    Ciò precisato, va ricordato che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 dispone che una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

112    Nell’ambito della valutazione che spetta al giudice nazionale effettuare in forza dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, esso è tenuto a valutare, in considerazione di tutte le circostanze della controversia, in un primo momento, la possibile violazione del requisito della buona fede e, in un secondo momento, la sussistenza di un eventuale significativo squilibrio a danno del consumatore, ai sensi di tale disposizione [sentenza del 13 luglio 2023, Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale), C‑265/22, EU:C:2023:578, punto 63 e giurisprudenza ivi citata].

113    Quanto alla questione di accertare in quali circostanze un siffatto squilibrio venga in essere «in contrasto con il requisito della buona fede», tenuto conto del sedicesimo considerando della direttiva 93/13, il giudice nazionale deve verificare se il professionista, qualora avesse trattato in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che quest’ultimo aderisse ad una clausola del genere nell’ambito di un negoziato individuale [sentenze Aziz, C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 69, e del 13 luglio 2023, Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale), C‑265/22, EU:C:2023:578, punto 64 nonché giurisprudenza ivi citata].

114    Peraltro, al fine di stabilire se una clausola determini, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, occorre, in particolare, tener conto delle norme applicabili nel diritto nazionale in assenza di accordo tra le parti, in modo da valutare se, ed eventualmente in che misura, tale contratto collochi tale consumatore in una situazione giuridica meno favorevole di quella prevista dal diritto nazionale vigente. Trattandosi di una clausola relativa al calcolo degli interessi relativi a un contratto di mutuo, è altresì pertinente confrontare il metodo di calcolo del tasso degli interessi ordinari previsto dalla clausola in parola e l’importo effettivo di detto tasso che ne risulta con i metodi di calcolo abitualmente adottati e il tasso d’interesse legale nonché i tassi d’interesse praticati sul mercato alla data della conclusione del contratto di cui si tratta nel procedimento principale per un mutuo di importo e di durata equivalenti a quelli del contratto di mutuo considerato [v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2023, Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale), C‑265/22, EU:C:2023:578, punto 65 e giurisprudenza ivi citata].

115    La pertinenza, nel caso di un contratto di mutuo ipotecario contenente una clausola come la clausola controversa, di informazioni incluse in una circolare, che menziona la necessità, tenuto conto del metodo di calcolo dell’indice di riferimento, di applicare un differenziale negativo per allineare il TAEG del contratto al TAEG del mercato, è già stata riconosciuta dalla Corte [v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2023, Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale), C‑265/22, EU:C:2023:578, punto 67].

116    Dal complesso delle considerazioni che precedono risulta che occorre rispondere alla prima e alla seconda questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che è pertinente per valutare l’eventuale carattere abusivo di una clausola di un contratto di mutuo ipotecario a tasso variabile che prevede l’adeguamento periodico del tasso di interesse in relazione al valore di un indice ufficiale il fatto che la clausola in parola rinvii direttamente e semplicemente a tale indice, laddove dalle indicazioni contenute nell’atto amministrativo che ha introdotto detto indice risulta che, a causa delle particolarità derivanti dal suo metodo di calcolo, sarebbe necessario applicare un differenziale negativo al fine di allineare il TAEG dell’operazione di cui si tratta al TAEG del mercato, nella misura in cui il professionista non abbia informato il consumatore riguardo a dette tali indicazioni e queste ultime non fossero state sufficientemente accessibili per un consumatore medio.

– Sulla terza questione

117    Il governo spagnolo contesta la ricevibilità della terza questione, giacché essa sarebbe fondata su un’ipotesi esposta in modo incompleto o inesatto. Infatti, dalla giurisprudenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) non risulterebbe che clausole contrattuali che prevedono le commissioni e le spese di cui si tratta nell’ambito di tale questione debbano essere considerate abusive.

118    Tuttavia, come ricordato al punto 63 della presente sentenza, la definizione del contesto normativo nazionale pertinente per le questioni sollevate rientra nella responsabilità esclusiva del giudice del rinvio. Tale responsabilità riguarda, se del caso, la giurisprudenza nazionale che detto giudice ritiene pertinente. In ogni caso, dalla decisione di rinvio risulta che, nell’ambito della terza questione, relativa alla possibilità che una clausola come quella controversa sia abusiva per riflesso, in quanto incorporerebbe in un contratto taluni elementi dei TAEG relativi ad altri prestiti che fungono da base per la determinazione dell’IRPH applicabile a tale contratto nell’ipotesi in cui detti elementi derivassero da clausole abusive, il giudice del rinvio menziona non solo clausole contrattuali il cui carattere abusivo è accertato, ma anche clausole la cui legittimità è contestabile.

119    La terza questione è pertanto ricevibile.

120    In via preliminare, occorre rilevare che, sebbene tale questione verta sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, riguardante la validità di una clausola come la clausola controversa, il quesito del giudice del rinvio concerne essenzialmente il carattere abusivo di una clausola siffatta, il quale comporterebbe l’invalidamento di quest’ultima nei confronti del consumatore, come previsto alla disposizione summenzionata.

121    Di conseguenza, si deve considerare che, con detta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che, in caso di ricorso, in una clausola che prevede l’adeguamento periodico del tasso d’interesse di un contratto di mutuo ipotecario, ad un indice di riferimento stabilito sulla base dei TAEG applicabili ai contratti presi in considerazione per il calcolo dei valori successivi dell’indice in parola, il fatto che tali TAEG contengano elementi derivanti da clausole il cui carattere abusivo sia dichiarato posteriormente implica che la clausola di adeguamento del tasso d’interesse del contratto di cui si tratta debba essere considerata abusiva e, pertanto, inopponibile al consumatore.

122    Al riguardo, occorre ricordare che, come risulta dal punto 91 della presente sentenza, il riferimento a un indice ufficiale per l’adeguamento periodico del tasso di interesse applicabile a un contratto di mutuo è volto unicamente a stabilire un metodo di calcolo contrattuale di tale tasso, cosicché le modalità di determinazione del valore dell’indice in parola non incidono sulla natura del tasso di interesse del contratto di cui si tratta, indipendentemente dagli elementi presi in considerazione nell’ambito di dette modalità. Di conseguenza, tale tasso d’interesse non può essere ritenuto un TAEG di cui taluni elementi potrebbero essere considerati nulli e comportare la nullità della clausola che prevede l’adeguamento periodico di detto tasso d’interesse.

123    Del resto, la circostanza che, nei TAEG dei contratti presi in considerazione per il calcolo dei valori successivi di un indice, taluni elementi possano derivare da clausole contrattuali che si rivelano, a posteriori, abusive non può né mettere in discussione il carattere di riferimento ufficiale di tale indice, né incidere retroattivamente sulla validità di una clausola di un altro contratto che rinvia a quest’ultimo. Infatti, dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nonché dall’articolo 3 di tale direttiva, come interpretati dalla Corte, discende che la valutazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale deve essere effettuata con riferimento alla data di conclusione del contratto di cui si tratta (sentenza del 27 gennaio 2021, Dexia Nederland, C‑229/19 e C‑289/19, EU:C:2021:68, punto 52 nonché giurisprudenza ivi citata).

124    Di conseguenza, si deve rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, in caso di ricorso, in una clausola che prevede l’adeguamento periodico del tasso d’interesse di un contratto di mutuo ipotecario, ad un indice di riferimento stabilito sulla base dei TAEG applicabili ai contratti presi in considerazione per il calcolo dei valori successivi dell’indice in parola, il fatto che tali TAEG contengano elementi derivanti da clausole il cui carattere abusivo sia posteriormente dichiarato non comporta che la clausola di adeguamento del tasso d’interesse del contratto in discussione debba essere considerata abusiva e, pertanto, inopponibile al consumatore.

– Sulla quindicesima e sulla sedicesima questione

125    Con le sue questioni quindicesima e sedicesima, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che la buona fede del professionista deve essere presunta in caso di ricorso, in una clausola che prevede l’adeguamento periodico del tasso d’interesse di un contratto di mutuo ipotecario, ad un indice di riferimento per il solo fatto che si tratta di un indice ufficiale stabilito da un’autorità amministrativa e utilizzato dalle amministrazioni pubbliche.

126    Al riguardo, occorre innanzitutto sottolineare che la qualificazione concreta di una clausola contrattuale particolare alla luce dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere determinata in funzione delle circostanze specifiche della fattispecie (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank, C‑621/17, EU:C:2019:820, punto 47 e giurisprudenza ivi citata). Non si può quindi ritenere a priori che l’inclusione, da parte di un professionista, di una clausola data in un contratto che non è stato oggetto di negoziato individuale sia necessariamente compatibile con il requisito della buona fede imposto dalla menzionata disposizione, fatta salva l’applicazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva in parola, che esclude dall’ambito di applicazione di quest’ultima le clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative, essendo tale eccezione giustificata dalla presunzione secondo cui il legislatore nazionale ha stabilito un equilibrio tra l’insieme dei diritti e degli obblighi delle parti di determinati contratti, equilibrio che il legislatore dell’Unione ha espressamente voluto preservare (sentenza del 5 maggio 2022, Zagrebačka banka, C‑567/20, EU:C:2022:352, punto 57 e giurisprudenza ivi citata). Dalla decisione di rinvio risulta tuttavia che tale esclusione non è applicabile nel caso di specie, giacché gli IRPH sono indici fra vari altri, che sono stati peraltro utilizzati solo minoritariamente dagli istituti finanziari.

127    Inoltre, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, una clausola contrattuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

128    Come ricordato al punto 113 della presente sentenza, la valutazione del requisito della buona fede a proposito di una data clausola di un contratto implica che il professionista, trattando in modo leale ed equo con il consumatore, potesse ragionevolmente aspettarsi che quest’ultimo accettasse una siffatta clausola a seguito di un negoziato individuale.

129    Tale criterio presuppone che una siffatta negoziazione sia avvenuta con piena cognizione di causa, vale a dire, nel caso di una clausola vertente sul calcolo degli interessi relativi a un contratto di mutuo, essendo il consumatore ben informato riguardo a tutti gli elementi che intervengono nella modalità di calcolo del tasso di interesse e potendo valutare le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di tale clausola sui suoi obblighi finanziari.

130    Infatti, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 110 della presente sentenza, il carattere trasparente di una clausola contrattuale, come richiesto dall’articolo 5 della direttiva 93/13, costituisce uno degli elementi da prendere in considerazione nell’ambito della valutazione del carattere abusivo di tale clausola. Orbene, come risulta dal punto 109 della presente sentenza, l’esame dell’eventuale carattere abusivo della clausola controversa presupporrebbe che sia già stato constatato che quest’ultima non rispetta il requisito di trasparenza, il che costituirebbe un elemento pertinente di cui occorrerebbe tener conto.

131    Infine, il carattere abusivo di una clausola dipende anche dall’esistenza di un eventuale significativo squilibrio a danno del consumatore, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13. Come ricordato al punto 114 della presente sentenza, per valutare sotto tale profilo una clausola vertente sulla determinazione degli interessi relativi a un contratto di mutuo, è altresì pertinente confrontare il metodo di calcolo del tasso degli interessi ordinari previsto dalla clausola in parola e il livello effettivo di detto tasso che ne risulta con i metodi di calcolo abitualmente adottati e, in particolare, i tassi di interesse praticati sul mercato alla data della conclusione di tale contratto per un mutuo di importo e di durata equivalenti a quelli del contratto di cui si tratta.

132    Per quanto riguarda una clausola come la clausola controversa, che prevede l’adeguamento del tasso di interesse di un contratto di mutuo ipotecario con riferimento a un indice ufficiale che, tenuto conto delle sue caratteristiche, appare a prima vista svantaggioso per il consumatore, una siffatta valutazione richiede di prendere in considerazione non solo i valori di tale indice di riferimento, ma anche il differenziale applicato contrattualmente a quest’ultimo, al fine di confrontare il tasso di interesse effettivo che ne risulta con i tassi di interesse abituali del mercato. Infatti, fatti salvi altri aspetti del metodo di calcolo del tasso d’interesse contrattuale o dell’indice di riferimento che possano risultare pertinenti, l’eventuale esistenza di uno squilibrio a danno del consumatore risultante da una siffatta clausola dipende essenzialmente, in definitiva, non dall’indice di riferimento stesso, bensì dal tasso di interesse che deriva effettivamente da tale clausola alla luce della maggiorazione applicata al valore di questo indice in forza di detta clausola.

133    Occorre pertanto rispondere alla quindicesima e alla sedicesima questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che la buona fede del professionista non può essere presunta in caso di ricorso, in una clausola che prevede l’adeguamento periodico del tasso d’interesse di un contratto di mutuo ipotecario, a un indice di riferimento per il solo fatto che si tratta di un indice ufficiale stabilito da un’autorità amministrativa e utilizzato dalle amministrazioni pubbliche. La valutazione dell’eventuale carattere abusivo di una siffatta clausola deve essere effettuata in funzione delle circostanze proprie del caso di specie, prendendo in considerazione, segnatamente, il mancato rispetto del requisito di trasparenza e confrontando il metodo di calcolo del tasso degli interessi ordinari previsto dalla clausola in parola e il livello effettivo di tale tasso che ne risulta con i metodi di calcolo abitualmente adottati e, fra l’altro, i tassi di interesse praticati sul mercato alla data della conclusione del contratto di mutuo di cui si tratta per un prestito di importo e di durata equivalenti a quelli di tale contratto.

– Sulla diciassettesima e sulla diciottesima questione

134    Con le sue questioni diciassettesima e diciottesima, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che, per valutare il carattere eventualmente abusivo di una clausola di un contratto di mutuo ipotecario a tasso variabile che prevede l’adeguamento periodico del tasso di interesse in relazione al valore di un indice di riferimento determinato, è pertinente, da un lato, confrontare il metodo di calcolo di detto indice con quello di un altro indice di riferimento, il quale è utilizzato in modo prevalente nello Stato membro di cui si tratta per contratti simili, nonché i tassi effettivi risultanti rispettivamente dalla clausola in parola e da clausole comparabili che fanno ricorso a tale altro indice di riferimento, e, dall’altro, prendere in considerazione ciò che rappresenta concretamente ciascuno degli indici menzionati.

135    Conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 114 della presente sentenza, al fine di determinare se una clausola vertente sul calcolo degli interessi relativi a un contratto di mutuo determini, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, è pertinente confrontare il metodo di calcolo del tasso degli interessi ordinari previsto da clausola in parola e il livello effettivo di detto tasso che ne risulta con i metodi di calcolo abitualmente adottati e, in particolare, i tassi di interesse praticati sul mercato alla data della conclusione del contratto di mutuo di cui si tratta per un prestito di importo e di durata equivalenti a quelli di tale contratto.

136    Il giudice del rinvio si interroga altresì sull’eventuale pertinenza del metodo di calcolo dei due indici da esso menzionati e di ciò che rappresentano questi due indici, vale a dire, in sostanza, per quanto riguarda un IRPH, il TAEG medio dei contratti di mutuo ipotecario comparabili al contratto di mutuo di cui si tratta e, per quanto riguarda l’Euribor, che è l’altro indice di riferimento menzionato dal giudice in parola, il tasso di interesse medio al quale le banche europee si accordano prestiti in euro.

137    Al riguardo, occorre constatare che tanto tale corrispondenza, la quale deriva dalle modalità di calcolo di detti indici, quanto tali modalità stesse si traducono concretamente nei valori rispettivi di questi ultimi.

138    Risulta peraltro dal punto 132 della presente sentenza che, in via generale, l’eventuale esistenza di uno squilibrio a danno del consumatore risultante da una clausola vertente sul calcolo degli interessi relativi a un contratto di mutuo dipende essenzialmente, in definitiva, non dall’indice di riferimento stesso, bensì dal tasso di interesse che deriva effettivamente dalla clausola in parola tenuto conto della maggiorazione applicata al valore di tale indice in forza di detta clausola.

139    Non si può tuttavia escludere che talune particolarità del metodo di calcolo del tasso d’interesse contrattuale o dell’indice di riferimento stesso siano tali da creare uno squilibrio a danno del consumatore, segnatamente a causa del loro impatto sull’evoluzione di detto tasso o di detto indice.

140    Occorre pertanto rispondere alle questioni diciassettesima e diciottesima dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, per valutare il carattere eventualmente abusivo di una clausola di un contratto di mutuo ipotecario a tasso variabile che prevede l’adeguamento periodico del tasso di interesse in relazione al valore di un indice di riferimento determinato, è pertinente confrontare il metodo di calcolo del tasso degli interessi ordinari previsto dalla clausola in parola e il livello effettivo di detto tasso che ne risulta con i metodi di calcolo abitualmente adottati e, in particolare, i tassi di interesse praticati sul mercato alla data della conclusione di tale contratto per un prestito di importo e di durata equivalenti a quelli del contratto di cui si tratta. Altri aspetti del metodo di calcolo del tasso d’interesse contrattuale o dell’indice di riferimento possono essere pertinenti se sono tali da creare uno squilibrio a danno del consumatore.

 Sulle questioni dalla diciannovesima alla ventiduesima, relative alle conseguenze dell’eventuale accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale

141    Le questioni dalla diciannovesima alla ventiduesima riguardano le conseguenze dell’eventuale accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale come la clausola controversa nell’ipotesi in cui, in linea di principio, il contratto non potesse sussistere in assenza di tale clausola.

– Sulla diciannovesima e sulla ventesima questione

142    Con le sue questioni diciannovesima e ventesima, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che, nell’ipotesi in cui, in linea di principio, un contratto di mutuo ipotecario a tasso variabile non possa sussistere senza la clausola che prevede l’adeguamento periodico del tasso di interesse in relazione al valore di un indice di riferimento determinato, della quale sia stato accertato il carattere abusivo, ma in cui l’annullamento del contratto in parola nel suo complesso esporrebbe il consumatore a conseguenze particolarmente pregiudizievoli, il giudice nazionale è tenuto a sostituire tale clausola con una disposizione suppletiva del diritto nazionale anche se l’applicazione di quest’ultima comporterebbe il mantenimento di uno squilibrio a danno del consumatore analogo a quello preso in considerazione nell’ambito della valutazione del carattere abusivo di detta clausola e, in caso negativo, se il giudice summenzionato possa adattarla retroattivamente introducendo nei metodi di calcolo del tasso d’interesse un elemento tale da eliminare questo squilibrio.

143    In conformità all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, spetta al giudice nazionale disapplicare le clausole abusive affinché esse non producano effetti vincolanti nei confronti del consumatore, tranne nel caso in cui il consumatore vi si opponga. Tuttavia, il contratto deve sussistere, in linea di principio, senz’altra modifica che non sia quella risultante dalla soppressione delle clausole abusive, purché, conformemente alle norme di diritto interno, una simile sopravvivenza del contratto sia giuridicamente possibile (sentenza del 25 novembre 2020, Banca B., C‑269/19, EU:C:2020:954, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

144    Qualora tale sussistenza non sia possibile, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non osta a che il giudice nazionale, in applicazione di principi del diritto contrattuale, disapplichi la clausola abusiva sostituendola con una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva in situazioni in cui l’annullamento del contratto nel suo complesso esporrebbe il consumatore a conseguenze particolarmente dannose, cosicché, da un lato, quest’ultimo ne sarebbe penalizzato e, dall’altro, il carattere dissuasivo risultante dall’annullamento del contratto rischierebbe di essere compromesso. Infatti, per quanto concerne un contratto di mutuo, un annullamento del genere avrebbe, in linea di principio, l’effetto di rendere immediatamente esigibile l’importo residuo dovuto a titolo del mutuo in proporzioni che potrebbero eccedere le capacità finanziarie del consumatore e, pertanto, tenderebbe a penalizzare quest’ultimo piuttosto che il mutuante (v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2020, Banca B., C‑269/19, EU:C:2020:954, punti 32 e 34).

145    Una siffatta sostituzione presuppone tuttavia che la disposizione in discussione sia effettivamente suppletiva e che abbia una portata equivalente a quella della clausola di cui è prevista la sostituzione.

146    Nel caso di specie, il giudice del rinvio sembra partire dalla premessa secondo cui tali condizioni potrebbero ricorrere per quanto riguarda la quindicesima disposizione aggiuntiva della legge 14/2013.

147    Per quanto riguarda, sotto un primo profilo, la natura della disposizione in parola, va ricordato che spetta al giudice nazionale stabilire se una disposizione di diritto nazionale possa essere considerata come dotata di carattere suppletivo alla luce di detto diritto (v., in tal senso, sentenza del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch, C‑125/18, EU:C:2020:138, punti 65 e 66). A tal fine, spetta al giudice del rinvio esaminare il contenuto preciso della quindicesima disposizione aggiuntiva della legge 14/2013.

148    Orbene, tale disposizione sembra introdurre un regime transitorio a seguito della soppressione, a partire dal 1º novembre 2013, di due IRPH disponendo che, nelle clausole di contratti di mutuo ipotecario che prevedono l’adeguamento del tasso d’interesse in relazione a un IRPH soppresso, il rinvio a tale IRPH è sostituito, per il futuro, da un rinvio ad un altro IRPH, che fosse sussistente, con taluni adattamenti necessari per garantire un’equivalenza.

149    Fatte salve le verifiche che spetterà al giudice del rinvio effettuare, sembra che una siffatta norma transitoria non risponda alla definizione generalmente ammessa di una norma suppletiva, la quale, secondo la giurisprudenza della Corte, riguarda i casi in cui le parti o non si sono discostate da una norma standard prevista dal legislatore nazionale per i contratti di cui si tratta, oppure hanno espressamente scelto l’applicabilità di una norma istituita dal legislatore nazionale a tal fine (sentenza del 3 ottobre 2019, Dziubak, C‑260/18, EU:C:2019:819, punto 60).

150    Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda la portata della quindicesima disposizione aggiuntiva della legge 14/2013, la sostituzione prevista da quest’ultima verte, apparentemente, non sulle clausole in discussione, ma soltanto su uno degli elementi di tali clausole, ossia l’indice di riferimento da esse designato, mentre, nel caso di specie, è la sostituzione di una clausola che viene presa in considerazione.

151    Occorre inoltre rilevare che un siffatto meccanismo di sostituzione pare presupporre la validità delle clausole di cui si tratta, ipotesi che le considerazioni contenute nella decisione di rinvio non sembrano escludere in modo assoluto nel caso di specie, dal momento che le argomentazioni della presente sentenza relative all’esame delle questioni vertenti sull’eventuale carattere abusivo di una clausola come la clausola controversa pongono in evidenza che i dubbi del giudice del rinvio riguardano principalmente non tanto il ricorso a un IRPH, quanto il fatto di utilizzarlo senza applicare un differenziale negativo come menzionato nel preambolo della circolare 5/1994. Risulta tuttavia dal punto 142 della presente sentenza che, nel caso di specie, la diciannovesima e la ventesima questione sono sollevate nell’ipotesi in cui l’invalidità di una siffatta clausola sia constatata a causa del suo carattere abusivo.

152    Per il resto, nell’ipotesi in cui la clausola giudicata abusiva non potesse essere disapplicata e sostituita da una disposizione suppletiva, occorre ricordare che, qualora il giudice nazionale accerti la nullità di una clausola abusiva in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, detto giudice non può integrare tale contratto rivedendo il contenuto della clausola in parola. Infatti, se il giudice nazionale potesse rivedere il contenuto delle clausole abusive contenute in un contratto siffatto, una facoltà del genere potrebbe compromettere la realizzazione dell’obiettivo di lungo termine di cui all’articolo 7 della direttiva 93/13. Tale facoltà contribuirebbe ad eliminare l’effetto dissuasivo esercitato sui professionisti dalla pura e semplice non applicazione nei confronti del consumatore di tali clausole abusive, dal momento che essi continuerebbero ad essere tentati ad utilizzare le clausole stesse, sapendo che, quand’anche esse fossero invalidate, il contratto potrebbe nondimeno essere integrato, per quanto necessario, dal giudice nazionale, in modo tale, quindi, da garantire l’interesse di detti professionisti (sentenza del 25 novembre 2020, Banca B., C‑269/19, EU:C:2020:954, punti 30 e 31 nonché giurisprudenza ivi citata).

153    Orbene, aggiungere ai metodi di calcolo del tasso di interesse quali previsti in una clausola come la clausola controversa un elemento complementare volto a porre rimedio allo squilibrio contrattuale preso in considerazione ai fini dell’accertamento del carattere abusivo di tale clausola equivarrebbe a rivedere il contenuto di quest’ultima.

154    Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla diciannovesima e alla ventesima questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che, nell’ipotesi in cui, in linea di principio, un contratto di mutuo ipotecario a tasso variabile non possa sussistere senza la clausola che prevede l’adeguamento periodico del tasso di interesse in relazione al valore di un indice di riferimento determinato, della quale sia stato accertato il carattere abusivo, ma in cui l’annullamento di detto contratto nel suo complesso esporrebbe il consumatore a conseguenze particolarmente pregiudizievoli, essi non ostano a che il giudice nazionale sostituisca la clausola in parola con una disposizione suppletiva del diritto nazionale purché tale disposizione suppletiva abbia una portata equivalente a quella della clausola di cui è prevista la sostituzione. Per contro, detto giudice non può rivedere la clausola in parola aggiungendovi un elemento tale da rimediare allo squilibrio che essa comporta a danno del consumatore.

– Sulla ventunesima questione

155    La convenuta nel procedimento principale e il governo spagnolo sostengono che la Corte non è competente a rispondere alla ventunesima questione, poiché essa verterebbe sull’applicazione di una disposizione del diritto nazionale.

156    Tuttavia, detta questione mira non già a che la Corte interpreti la disposizione del diritto nazionale oggetto della medesima, bensì a che la Corte si pronunci sulla compatibilità con la direttiva 93/13 delle conseguenze che il giudice del rinvio presenta come derivanti da tale disposizione, nei limiti in cui essa sia applicabile.

157    Si deve pertanto rispondere a detta questione.

158    In via preliminare, si deve osservare che, sebbene l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non sia preso in considerazione dal giudice del rinvio, occorre tenerne parimenti conto, dal momento che tale disposizione prevede le conseguenze dell’invalidità di una clausola contrattuale.

159    Di conseguenza, occorre ritenere che, con la sua ventunesima questione, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che, nell’ipotesi in cui un contratto di mutuo ipotecario non possa sussistere in assenza di una clausola il cui carattere abusivo sia stato accertato, essi ostano all’applicazione di una disposizione del diritto nazionale in forza della quale il professionista avrebbe il diritto di ottenere la restituzione dell’intera somma prestata, maggiorata degli interessi calcolati al tasso legale a decorrere dalla data in cui tale somma è stata messa a disposizione del consumatore.

160    Occorre ricordare che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 dispone che gli Stati membri prevedono che le clausole abusive non vincolano il consumatore «alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali». Cionondimeno, la circostanza che la tutela garantita dalla direttiva 93/13 ai consumatori sia regolata dal diritto nazionale non può modificare la portata né, di riflesso, la sostanza di tale tutela, mettendo in discussione il rafforzamento dell’efficacia di detta tutela tramite adozione di norme uniformi in merito alle clausole abusive, che è stato voluto dal legislatore dell’Unione, come emerge dal decimo considerando della direttiva 93/13 [sentenza del 15 giugno 2023, Bank M. (Conseguenze dell’annullamento del contratto), C‑520/21, EU:C:2023:478, punto 60 e giurisprudenza ivi citata].

161    Per quanto riguarda le conseguenze pratiche della dichiarazione di nullità di un contratto di mutuo ipotecario a causa della presenza di clausole abusive, la Corte ha giudicato che la compatibilità con il diritto dell’Unione di norme nazionali che disciplinano tali conseguenze dipende dalla questione se tali norme, da un lato, consentano di ripristinare in diritto e in fatto la situazione in cui il consumatore si sarebbe trovato in assenza di tale contratto e, dall’altro, non compromettano l’effetto dissuasivo perseguito dalla direttiva 93/13 [sentenza del 15 giugno 2023, Bank M. (Conseguenze della risoluzione del contratto), C‑520/21, EU:C:2023:478, paragrafo 68].

162    Le pretese che un professionista può far valere nei confronti di un consumatore in una situazione del genere possono quindi essere ammesse solo se non compromettono gli obiettivi di cui al punto precedente della presente sentenza.

163    Orbene, concedere a un istituto di credito il diritto di chiedere al consumatore un compenso che superi il rimborso del capitale versato per l’esecuzione di tale contratto nonché, eventualmente, il pagamento di interessi di mora potrebbe mettere in discussione l’effetto dissuasivo perseguito dalla direttiva 93/13 [sentenza del 15 giugno 2023, Bank M. (Conseguenze dell’annullamento del contratto), C‑520/21, EU:C:2023:478, punto 76].

164    La possibilità, per il professionista, di ottenere siffatti interessi di mora deve intendersi come riguardante gli interessi dovuti a partire da un’intimazione a restituire le somme ricevute in esecuzione del contratto annullato. Infatti, nell’ipotesi in cui il professionista potesse reclamare interessi a partire dal giorno in cui il capitale prestato in esecuzione del contratto annullato è stato consegnato al mutuatario, detto professionista sarebbe posto nella situazione di ottenere una remunerazione per l’utilizzo di tale capitale da parte del consumatore. Orbene, una siffatta possibilità comprometterebbe al contempo l’effetto dissuasivo esercitato sui professionisti dall’annullabilità dei contratti viziati da una clausola abusiva e l’effettività della tutela conferita ai consumatori dalla direttiva 93/13, dal momento che questi ultimi potrebbero trovarsi in una situazione in cui sarebbe per essi più vantaggioso proseguire l’esecuzione del contratto contenente una clausola abusiva piuttosto che esercitare i diritti che essi traggono da tale direttiva [v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 2023, Bank M. (Conseguenze dell’annullamento del contratto), C‑520/21, EU:C:2023:478, punti 78, 79 e 84].

165    Si deve altresì porre in rilievo che una soluzione del genere è conforme al principio nemo auditur propriam turpitudinem allegans (nessuno può trarre vantaggio dal proprio comportamento illecito), giacché non si può ammettere né che una parte tragga vantaggi economici dal suo comportamento illecito, né che quest’ultima sia risarcita per gli svantaggi provocati da un siffatto comportamento [v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 2023, Bank M. (Conseguenze dell’annullamento del contratto), C‑520/21, EU:C:2023:478, punto 81].

166    Ciò vale a fortiori quando il tasso d’interesse legale applicabile in caso di obbligo di restituzione delle somme ricevute in esecuzione di un contratto di mutuo annullato eccede quello previsto da tale contratto, ipotesi che ricorrere nel caso di specie.

167    Tenuto conto del complesso delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla ventunesima questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che, nell’ipotesi in cui un contratto di mutuo ipotecario non possa sussistere senza una clausola della quale sia stato accertato il carattere abusivo, essi ostano all’applicazione di una disposizione del diritto nazionale in forza della quale il professionista avrebbe il diritto di ottenere la restituzione dell’intera somma prestata, maggiorata degli interessi calcolati al tasso legale a decorrere dalla data in cui tale somma è stata messa a disposizione del consumatore.

– Sulla ventiduesima questione

168    La convenuta nel procedimento principale e il governo spagnolo sostengono altresì che la Corte non è competente a rispondere alla ventiduesima questione, poiché essa verterebbe sull’applicazione di una disposizione del diritto nazionale.

169    Occorre constatare che tale questione è volta essenzialmente a determinare se l’inclusione in un contratto, da parte di un professionista, di una clausola contrattuale abusiva, che non è stata oggetto di negoziato individuale, la cui nullità comporta quella di tale contratto, costituisca una «causa immorale», ai sensi dell’articolo 1306, punto 2, del codice civile.

170    Orbene, l’esame di detta questione presuppone l’interpretazione di tale nozione di diritto nazionale, interpretazione che, come risulta dalla giurisprudenza ricordata al punto 63 della presente sentenza, non rientra nella competenza della Corte.

171    Non occorre pertanto pronunciarsi su detta questione.

 Sulle spese

172    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:

1) L’articolo 4, paragrafo 2, e l’articolo 5 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori,

devono essere interpretati nel senso che:

il requisito di trasparenza risultante dalle menzionate disposizioni è rispettato alla conclusione di un contratto di mutuo ipotecario per quanto riguarda la clausola di tale contratto che prevede l’adeguamento periodico del tasso di interesse in relazione al valore di un indice ufficiale istituito da un atto amministrativo, che ne contiene la definizione, per il solo fatto che detto atto nonché i valori anteriori dell’indice in parola sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dello Stato membro di cui si tratta, senza quindi che il creditore debba esso stesso informare il consumatore quanto alla definizione di detto indice e alla sua evoluzione precedente, anche se, a causa del suo metodo di calcolo, esso corrisponde non a un tasso d’interesse di remunerazione, bensì ad un tasso annuo effettivo globale (TAEG), purché, a seguito della loro pubblicazione, gli elementi in discussione siano sufficientemente accessibili per un consumatore medio grazie alle indicazioni fornite a tal fine dal professionista di cui si tratta. In assenza delle indicazioni in parola, spetta al professionista fornire direttamente una definizione completa di tale indice nonché ogni elemento di informazione pertinente, segnatamente quanto ad un eventuale avvertimento proveniente dall’autorità che ha stabilito detto indice per ciò che riguarda le particolarità di quest’ultimo e le loro conseguenze che possono essere considerate importanti per il consumatore al fine di valutare correttamente le conseguenze economiche della conclusione del contratto di mutuo ipotecario propostogli. In ogni caso, spetta al professionista fornire al consumatore tutte le informazioni la cui trasmissione è imposta dalla normativa nazionale applicabile al momento della conclusione del contratto.

2) L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13

dev’essere interpretato nel senso che:

è pertinente per valutare l’eventuale carattere abusivo di una clausola di un contratto di mutuo ipotecario a tasso variabile che prevede l’adeguamento periodico del tasso di interesse in relazione al valore di un indice ufficiale il fatto che la clausola in parola rinvii direttamente e semplicemente a tale indice, laddove dalle indicazioni contenute nell’atto amministrativo che ha introdotto detto indice risulta che, a causa delle particolarità derivanti dal suo metodo di calcolo, sarebbe necessario applicare un differenziale negativo al fine di allineare il tasso annuo effettivo globale (TAEG) dell’operazione di cui si tratta al TAEG del mercato, nella misura in cui il professionista non abbia informato il consumatore riguardo a dette tali indicazioni e queste ultime non fossero state sufficientemente accessibili per un consumatore medio.

3) L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13

dev’essere interpretato nel senso che:

in caso di ricorso, in una clausola che prevede l’adeguamento periodico del tasso d’interesse di un contratto di mutuo ipotecario, ad un indice di riferimento stabilito sulla base dei tassi annui effettivi globali (TAEG) applicabili ai contratti presi in considerazione per il calcolo dei valori successivi dell’indice in parola, il fatto che tali TAEG contengano elementi derivanti da clausole il cui carattere abusivo sia posteriormente dichiarato non comporta che la clausola di adeguamento del tasso d’interesse del contratto in discussione debba essere considerata abusiva e, pertanto, inopponibile al consumatore.

4) L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13

dev’essere interpretato nel senso che:

la buona fede del professionista non può essere presunta in caso di ricorso, in una clausola che prevede l’adeguamento periodico del tasso d’interesse di un contratto di mutuo ipotecario, ad un indice di riferimento per il solo fatto che si tratta di un indice ufficiale stabilito da un’autorità amministrativa e utilizzato dalle amministrazioni pubbliche. La valutazione dell’eventuale carattere abusivo di una siffatta clausola deve essere effettuata in funzione delle circostanze proprie del caso di specie, prendendo in considerazione, segnatamente, il mancato rispetto del requisito di trasparenza e confrontando il metodo di calcolo del tasso degli interessi ordinari previsto dalla clausola in parola e il livello effettivo di tale tasso che ne risulta con i metodi di calcolo abitualmente adottati e, fra l’altro, i tassi di interesse praticati sul mercato alla data della conclusione del contratto di mutuo di cui si tratta per un prestito di importo e di durata equivalenti a quelli di tale contratto.

5) L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13

dev’essere interpretato nel senso che:

per valutare il carattere eventualmente abusivo di una clausola di un contratto di mutuo ipotecario a tasso variabile che prevede l’adeguamento periodico del tasso di interesse in relazione al valore di un indice di riferimento determinato, è pertinente confrontare il metodo di calcolo del tasso degli interessi ordinari previsto dalla clausola in parola e il livello effettivo di detto tasso che ne risulta con i metodi di calcolo abitualmente adottati e, in particolare, i tassi di interesse praticati sul mercato alla data della conclusione di tale contratto per un prestito di importo e di durata equivalenti a quelli del contratto di cui si tratta. Altri aspetti del metodo di calcolo del tasso d’interesse contrattuale o dell’indice di riferimento possono essere pertinenti se sono tali da creare uno squilibrio a danno del consumatore.

6) L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13

devono essere interpretati nel senso che:

nell’ipotesi in cui, in linea di principio, un contratto di mutuo ipotecario a tasso variabile non possa sussistere senza la clausola che prevede l’adeguamento periodico del tasso di interesse in relazione al valore di un indice di riferimento determinato, della quale sia stato accertato il carattere abusivo, ma in cui l’annullamento di detto contratto nel suo complesso esporrebbe il consumatore a conseguenze particolarmente pregiudizievoli, essi non ostano a che il giudice nazionale sostituisca la clausola in parola con una disposizione suppletiva del diritto nazionale purché tale disposizione suppletiva abbia una portata equivalente a quella della clausola di cui è prevista la sostituzione. Per contro, detto giudice non può rivedere la clausola in parola aggiungendovi un elemento tale da rimediare allo squilibrio che essa comporta a danno del consumatore.

7) L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13

devono essere interpretati nel senso che:

nell’ipotesi in cui un contratto di mutuo ipotecario non possa sussistere senza una clausola della quale sia stato accertato il carattere abusivo, essi ostano all’applicazione di una disposizione del diritto nazionale in forza della quale il professionista avrebbe il diritto di ottenere la restituzione dell’intera somma prestata, maggiorata degli interessi calcolati al tasso legale a decorrere dalla data in cui tale somma è stata messa a disposizione del consumatore.